17. Ott. 1823.
[3713,2]
{{Alla p.
3622.}} L'idea e natura della quale esclude essenzialmente
sì quella del piacere che quella del dispiacere, e suppone l'assenza dell'uno e
dell'altro; anzi si può dire la importa; giacchè questa doppia assenza è sempre
cagione di noia, e posta quella, v'è sempre questa.
3714 Chi dice assenza di piacere e dispiacere, dice noia, non che assolutamente
queste due cose sieno tutt'una, ma rispetto alla natura del vivente, in cui
l'una senza l'altra (mentre ch'ei sente di vivere) non può assolutamente stare.
La noia corre sempre e immediatamente a riempiere tutti i vuoti che lasciano
negli animi de' viventi il piacere e il dispiacere; il vuoto, cioè lo stato
d'indifferenza e senza passione, non si dà in esso animo, come non si dava in
natura secondo gli antichi. La noia è come l'aria quaggiù, la quale riempie
tutti gl'intervalli degli altri oggetti, e corre subito a stare là donde questi
si partono, se altri oggetti non gli rimpiazzano. O vogliamo dire che il vuoto
stesso dell'animo umano, e l'indifferenza, e la mancanza d'ogni passione, è
noia, la quale è pur passione. Or che vuol dire che il vivente, sempre che non
gode nè soffre, non può fare che non s'annoi? Vuol dire ch'e' non può mai fare
ch'e' non desideri la felicità, cioè il piacere e il godimento. Questo
3715 desiderio, quando e' non è nè soddisfatto, nè
dirittamente contrariato dall'opposto del godimento, è noia. La noia è il
desiderio della felicità, lasciato, per così dir, puro. Questo desiderio è
passione. Quindi l'animo del vivente non può mai veramente essere senza
passione. Questa passione, quando ella si trova sola, quando altra attualmente
non occupa l'animo, è quello che noi chiamiamo noia. La quale è una prova della
perpetua continuità di quella passione. Che se ciò non fosse, ella non
esisterebbe affatto, non ch'ella si trovasse sempre ove l'altre mancano.
(17. Ott. 1823.). {{v. p.
3879.}}