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27. Nov. 1823.

[3931,2]  Alla p. 3906. marg. L'ebbro ancorchè vivente, operante e pensante e parlante, non riflette sopra se stesso, nè sulla sua vita, azioni, pensieri e parole, o men del suo solito e più rapidamente e correndo via. - Infatti il timido suol divenir franco, {sciolto ec.} in quel punto. Segno ch'egli acquista allora una facoltà d'irriflessione, necessaria e madre della franchezza (anche de' migliori spiriti, e in chicchessia), e la cui mancanza e il cui contrario, è talor la sola talora la principal cagione della timidità. Nondimeno egli è nel tempo stesso più spiritoso, pronto, ingegnoso, ed anche profondo {ec.} dell'ordinario suo: il che sembra mostrare per lo contrario una maggior facoltà ed atto di riflessione. Ma questa è una riflessione non riflettuta e quasi organica, e un'azione quasi meccanica del suo cervello e della sua lingua, leggermente influita e guidata appena appena dall'animo e dalla ragione, e un effetto quasi materiale {e spontaneo ed αὐτόματος} delle abitudini contratte ed esercitate e possedute fuori di quello stato, le quali agiscono allora con pochissimo intervento della volontà e dello stesso intelletto, a cui pure, gran parte di loro, totalmente appartengono, e da cui vengono o in cui si operano quelle tali azioni, pensieri, parole ec. (27. Nov. 1823.).