23. Aprile. 1824.
[4078,2]
Alla p. 3106.
Niuna cosa è forse più atta di questa a mostrare la differenza del pensar
moderno e del pensare antico (massime molto antico, al qual tempo appartiene
Frinico e più
che mai Omero) intorno a questi punti di
cui qui discorriamo, differenza che tiene strettamente alla diversità generale
dello stato dello spirito umano a' tempi antichi e a' moderni. Quando negli
ultimi anni, dopo
4079 il ritorno de' Borboni, fu
rappresentata a Parigi
la Tragedia del Vespro
Siciliano, tragedia che ebbe un successo distinto, qual
mai o francese o straniero, pensò ad accusare il poeta di poco amor nazionale o
di mancamento alcuno verso la patria, per aver commosso o cercato di commuovere
sopra una sventura de' suoi nazionali seguìta per opera di stranieri? Anzi chi
non riputò e questo proposito e la {scelta del}
soggetto nazionalissima e degnissima quanto qualunque altra di un buon
cittadino? perocchè il poeta non volle far piangere sopra i nemici della
Francia, ma sopra i Francesi sventurati. Or questo
appunto fece Frinico, il quale non commosse le lagrime sopra i barbari nè per li
barbari, ma sopra i greci e per li greci. E per questo medesimo fu condannato, e
sarebbe stato applaudito per lo contrario, e stimato buon cittadino, se avesse
fatto piangere e rivolta la compassione e pietà degli uditori sopra i nemici
della nazione, come fece Eschilo ne'
Persiani tragedia che ha per soggetto e per materia unica di
pietà e di terrore i mali de' nemici della grecia, nè
però fu condannata da alcuno, nè stimata altro che nazionalissima. Tale appunto
nè più nè meno si è il caso della iliade, che fa piangere quasi
unicamente {o certo principalmente} sopra e per li
troiani nemici de' suoi. (23. Aprile. 1824.).