Bologna. 4. Giugno. 1826. Domenica.
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Alla p. 4178.
fine. L'ipotesi dell'eternità della materia non sarebbe un'obbiezione
a queste proposizioni. L'eternità, il tempo, cose sulle quali tanto disputarono
gli antichi, non sono, come hanno osservato i metafisici moderni, non altrimenti
che lo spazio, altro che un'espressione di una nostra idea, relativa al modo di
essere delle cose, e non già cose nè enti, come parvero stimare gli antichi,
anzi i filosofi fino ai nostri giorni. La materia sarebbe eterna, e nulla perciò
vi sarebbe d'infinito. Ciò non vorrebbe dire altro, se non che la materia, cosa
finita, non avrebbe mai cominciato ad essere, nè mai lascerebbe di essere; che
il finito è sempre stato e sempre sarà. Qui non vi avrebbe d'infinito che il
tempo, il quale non è cosa alcuna, è nulla, e però la infinità del tempo non
proverebbe nè l'esistenza nè la possibilità di enti infiniti, più di quel che lo
provi la infinità del nulla, infinità che non esiste nè può esistere se non
nella immaginazione o nel linguaggio, ma che è pure una qualità propria ed
inseparabile dalla idea o dalla parola nulla, {il
quale} pur non può essere se non nel pensiero o nella lingua, {e} quanto al pensiero o
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alla lingua. (Bologna. 4. Giugno.
1826. Domenica.).