20. Sett. 1827.
[4292,1] Il credere l'universo infinito, è un'illusione
ottica: almeno tale è il mio parere. Non dico che possa dimostrarsi
rigorosamente in metafisica, o che si abbiano prove di fatto, che egli non sia
infinito; ma prescindendo dagli argomenti metafisici, io credo che l'analogia
materialmente faccia molto verisimile che la infinità dell'universo non sia che
illusione {naturale} della fantasia. Quando io guardo
il cielo, mi diceva uno, e penso che al di là di que' corpi ch'io veggo, ve ne
sono altri ed altri, il mio pensiero non trova limiti, e la probabilità mi
conduce a credere che sempre vi sieno altri corpi più al di là, ed altri più al
di là. Lo stesso, dico io, accade al fanciullo, o all'ignorante, che guarda
intorno da un'alta torre o montagna, o che si trova in alto mare. Vede un
orizzonte, ma sa che al di là v'è ancor terra o acqua, ed altra più al di là, e
poi altra; e conchiude, o conchiuderebbe volentieri, che la terra o il mare
fosse infinito. Ma come poi si è trovato per esperienza che il globo terracqueo,
il qual pare infinito, e certamente per lungo tempo fu tenuto tale, ha pure i
suoi limiti; così, secondo ogni analogia, si dee credere che la mole intera
dell'universo, l'assemblage di tutti i globi, il qual
ci pare infinito per la stessa causa, cioè perchè non {ne} vediamo i confini e perchè siam lontanissimi dal vederli; ma la
cui vastità del resto non è assoluta ma relativa; abbia in effetto i suoi
termini. - Il fanciullo e il selvaggio giurerebbero, i primitivi avriano
giurato, che la terra, che il mare non hanno confini; e si sarebbono ingannati:
essi credevano ancora, e credono, che le stelle che noi veggiamo non si
potessero contare, cioè fossero infinite di numero. (20. Sett.
1827.)