4. Marzo 1821.
[714,1]
714 Spesse volte il troppo o l'eccesso è padre del
nulla. Avvertono anche i dialettici che quello che prova troppo non prova
niente. Ma questa proprietà dell'eccesso si può notare ordinariamente nella
vita. L'eccesso delle sensazioni o la soprabbondanza loro, si converte in
insensibilità. Ella produce l'indolenza e l'inazione, anzi l'abito ancora
dell'inattività negl'individui e ne' popoli; e vedi in questo proposito quello
che ho notato con Mad. di Staël, Floro ec. p. 620 fine - 625 principio. Il poeta nel colmo
dell'entusiasmo, della passione ec. non è poeta, cioè non è in grado di poetare.
All'aspetto della natura, mentre tutta l'anima sua è occupata dall'immagine
dell'infinito, mentre le idee segli affollano al pensiero, egli non è capace di
distinguere, di scegliere, di afferrarne veruna: in somma non è capace di nulla,
nè di cavare nessun frutto dalle sue sensazioni: dico nessun frutto o di
considerazione e di massima, ovvero di uso e di scrittura; di teoria nè di
pratica. L'infinito non si
715 può esprimere se non
quando non si sente: bensì dopo sentito: e quando i sommi poeti scrivevano
quelle cose che ci destano le ammirabili sensazioni dell'infinito, l'animo loro
non era occupato da veruna sensazione infinita; e dipingendo l'infinito non lo
sentiva. {I sommi dolori corporali non si sentono, perchè o
fanno svenire, o uccidono.} Il sommo dolore non si sente,
cioè finattanto ch'egli è sommo; ma la sua proprietà, e[è] di render l'uomo attonito; confondergli, sommergergli,
oscurargli l'animo in guisa, ch'egli non conosce nè se stesso, nè la passione
che prova, nè l'oggetto di essa; rimane immobile, e senza azione esteriore, nè
{si può dire}, interiore. E perciò i sommi dolori
non si sentono nei primi momenti, nè tutti interi, ma nel successo dello spazio
e de' momenti, e per parti, come ho detto p. 366. - 368. Anzi non solo il sommo dolore, ma ogni somma passione,
ed anche ogni sensazione, ancorchè non somma, tuttavia tanto straordinaria, e,
per qualunque verso, grande, che l'animo nostro non sia capace di contenerla
716 tutta intera simultaneamente. Così sarebbe anche la
somma gioia.
[716,1] Ma bisogna osservare che di rado avviene che la gioia
ancorchè grande e straordinaria, ci renda attoniti, e quasi senza senso, e che
la sua grandezza ne renda impossibile il pieno e distinto sentimento. Questo ci
accadeva forse e senza forse da fanciulli, e sarà pure senza fallo avvenuto
negli uomini primitivi; ma oggidì per poco che l'uomo abbia di esperienza e di
cognizione, è ben difficile che sia suscettibile di una gioia, la quale sia
tanta da non poter essere contenuta pienamente nell'animo suo, e da ridondare.
Bensì egli è suscettibilissimo (almeno il più degli uomini) di un tal dolore. Ma
la somma gioia dell'uomo di oggidì, è sempre o certo ordinariamente tale che
l'animo n'è capacissimo; e questo, non ostante ch'egli vi debba necessariamente
esser poco assuefatto, laddove quanto al dolore o a qualunque passione
dispiacevole, non è così. Ma il fatto
717 sta che il
male, soggetto del dolore e delle passioni dispiacevoli, è reale; il bene,
soggetto della gioia, non è altro che immaginario: e perchè la gioia fosse tale
da superare la capacità dell'animo nostro, si richiederebbe, come ne' fanciulli
e ne' primitivi, una forza e freschezza d'immaginazione persuasiva, e
d'illusione, che non è più compatibile colla vita di oggidì. (4. Marzo
1821.).