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Perché si provi diletto leggendo grandi azioni.

Why we feel enjoyment when reading about acts of greatness.

124,1

[124,1]   124 La cagione di quella contentezza di noi stessi che proviamo nel leggere le vite o le gesta dei grandi e virtuosi (v. Montesquieu l. c. ch. 16. p. 176.) è che (eccetto i malvagi di professione e di coscienza, i quali certo non provano questo effetto) l'uomo o è buono, o mezzo buono mezzo cattivo, come la maggior parte, nel qual caso ciascuno sente che l'istinto suo naturale e la sua destinazione è la virtù, e si considera appresso a poco come virtuoso. Ora quello che gli dà una grande idea della virtù e gli mostra coll'esempio a che cosa porti, e come si faccia ammirare, accresce l'idea di se stesso, ancorchè uno non vi rifletta, cioè ingrandisce l'opinione e la stima di quella qualità, che ciascuno, anche senza avvedersene {distintamente,} sente esser naturale in lui, e propria del suo essere. Così dico del coraggio, e dell'eroismo ec. Oltre che quell'esempio e la lode e la fama risultatane a quei grandi uomini, servendo come di sprone ad imitarli, ciascuno in quel momento perchè prova un certo desiderio benchè ordinariamente inefficace di fare altrettanto, si crede capace confusamente di farlo se si presentasse l'occasione, la quale è lontana, e in lontananza si vedono molte belle cose, e si fanno molti bei propositi. Omero farà sempre in tutti questo effetto, e un francese diceva che gli uomini gli parevano un palmo più alti quando leggeva Omero. Per questo lato anche i cattivi sono suscettibili del detto effetto. (12. Giugno 1820.).