Piacere del fermarsi in pensieri o sensazioni spiacevoli.
Pleasure of dwelling on unpleasant thoughts or sensations.
88,2[88,2]
Les habitans du midi
craignant beaucoup la mort, l'on s'étonne d'y trouver des institutions
qui la rappellent à ce point; mais il est dans la nature d'aimer à se
livrer a[à] l'idée même que l'on
redoute. Il y a comme un enivrement de tristesse qui fait à l'ame le
bien de la remplir tout entière
*
. Corinne. l. 10. ch. 1 t. 2. p. 115. edizione cit. {qui dietro}.
89 A
questo proposito si può notare quella indistinta e pur vera voglia che noi
proviamo avendo p. e. in mano una cosa fetente di sentirne fuggitivamente
l'odore. Così se ti abbatti a passare, poniamo, per un luogo dove si faccia
giustizia, tu senti ribrezzo di quella esecuzione, e pure io metto pegno che non
ti puoi tenere che non alzi gli occhi per vederla così di sfuggita, e poi
rivolgerli immediatamente altrove. {+V. a tal
proposito un luogo notabile di Platone, opp. ed. Astii, t. 4. p. 236. lin.
8-16.} E così di ogni cosa che ci faccia ribrezzo, così se
tu hai corso un pericolo che ti spaventi, ti si stringe il cuore in pensarci,
non hai forza di fermarti in quel pensiero di quel momento di quel caso di
quella vicinanza della morte ec. ma neanche hai forza di cacciarlo, anzi bisogna
pur che tra il volere e il non volere ci lasci andare un'occhiata. Similmente se
ti si affaccia qualche pensiero che ti addolori, la ricordanza di qualche {cosa} che ti faccia vergognare teco stesso ec. La
ragione di questo effetto non è certo quell'inebbriamento che dice la Staël, e nemmeno la curiosità come può
vedere chiunque ci faccia un poco di considerazione. Piuttosto direi che
quell'ignoto ci fa più pena che il noto, e siccome quell'oggetto ci spaventa
{o ci abbrividisce} o ci attrista, non sappiamo
lasciarlo stare così intatto, e anche con ribrezzo, abbiamo pure una certa
voglia di dargli una tal quale squadrata che ce lo faccia conoscere alquanto.
Forse anche, e così credo, proviene dall'amore dello straordinario, e odio
naturale della monotonia e della noia ch'è ingenito in tutti gli uomini, e
offrendosi un oggetto che rompe questa monotonia, ed esce dell'ordine comune,
quantunque ci paia
90 più grave assai della noia, di cui
forse anche, in quel punto non ci accorgiamo e non abbiamo nessun pensiero, pur
troviamo un certo piacere in quella scossa in quell'agitazione, che ci produce
la vista fuggitiva di esso oggetto. La quale spiegazione si ravvicina a quella
della Staël, giacchè la noia non è
altro che il vuoto dell'anima {ch'è} riempito, come
ella dice da quel pensiero, e occupato intieramente per quel punto. E in fine
può anche derivare, e penso che almeno in parte derivi dallo stesso timore che
abbiamo di quel pensiero, per la ragione che in tutte le cose fisiche e morali,
il voler troppo intensamente e il timore di non conseguire, distorna le nostre
azioni dal loro fine, e il mettersi ad un'operazione di mano p. e. chirurgica
con troppa intenzion d'animo e timore di non riuscire, la manda a male, e nelle
lettere, o belle arti, il cercar la semplicità con troppa cura, e paura di non
trovarla, la fa perdere ec.