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191. Epigrammatico dello spirito e della conversazione francese si comunica necessariamente a tutte le loro scritture, di cui esso forma il carattere. Stile francese non è capace d'altra naturalezza che di quella della loro conversazione, che non è delle più naturali. Vantata naturalezza e grazia di La Fontaine. La lingua francese esaltata per semplicissima è incapace di traduzioni di Senofonte e de' più semplici e piani autori classici, anzi più incapace di queste che d'altre. Traduzioni d'Amyot. Forse più facili ad intendere a un italiano che a un francese non dotto.

The epigrammatic of French spirit and conversation is necessarily communicated to all their writings, whose character it forms. French style is not capable of any other naturalness than that of their conversation, which is not among the most natural. The praised naturalness and grace of La Fontaine. French language is exalted as very simple, but it is incapable of translating Xenophon and some of the most simple and plain classical authors. Translations by Amyot. Perhaps easier understood by an Italian than by an uneducated Frenchman.

92-94

[92,1]  La società francese la quale fa che l'esprit naturel se tourne en épigrammes plutôt qu'en poésie * , dice la Staël, (vedila, Corinne, liv. 15, chap. 9. p. 80. t. 3. edizione citata da me alla p. 87) rende ancora epigrammatica tutta la loro scrittura, ed abituati come sono a dare a tutti i loro detti nella conversazione, une tournure che li renda gradevoli, un'aria di novità, una grazia ascitizia, un garbo proccurato ec. ponendosi a scrivere, e stimando naturalmente che la scrittura non {li} disobblighi da quello a cui gli obbliga la raffinatezza della conversazione, (naturale nel paese dove lo spirito di società è così grande, anzi è l'anima e lo scopo e il tutto della vita) e per lo contrario credendo che quest'obbligo sia maggiore nello scrivere che nel parlare (e con ragione avuto riguardo al gusto de' lettori nazionali che altrimenti li disprezzerebbero) si abbandonano a quello stesso studio che adoprano nella conversazione per renderla aggradevole e piccante ec. e però il loro stile è così diverso da  93 quello de' greci e de' latini e degl'italiani, non essendo possibile ch'essi accettino quella prima frase che si presenta naturalmente e da se a chi vuole esprimere un sentimento. E però le grazie naturali sono affatto sbandite dal loro stile, anzi è curioso il vedere quello ch'essi chiamino naturalezza e semplicità, {come} p. e. in La Fontaine tanto decantato per queste doti. In luogo della[delle] grazie naturali il loro stile è tutto composto delle grazie di società e di conversazione, e quando queste sono conseguite essi chiamano il loro stile, semplice, come fanno sempre anche in astratto quando paragonano lo stil francese all'italiano p. e. o al latino ec. parte avuto riguardo alla collocazione materiale delle parole e alla costruzione del periodo, e divisione del discorso ec. paragonata con quella delle altre lingue, parte alla mancanza delle ampollosità delle gonfiezze, delle figure troppo evidenti, dei giri e rigiri per dire una stessa cosa ec. ec. che si trovano nei cattivi stili delle altre lingue, e che nel francese sono affatto straordinari e sarebbero fischiati. E questa chiamano purezza di gusto, ed hanno ragione da un lato, ma dall'altro non conoscono quella semplicità così intrinseca come estrinseca dello stile che non ha niente di comune coll'eleganza la politezza la tournure la raffinatezza il limato il ricercato della conversazione, ma sta tutta nella natura, nella pura espressione de' sentimenti che è presentata dalla cosa stessa, e che riceve novità {e grazia} piuttosto dalla cosa, se ne ha, che da se medesima e dal lavoro dello scrittore, quella schiettezza di frase le cui grazie sono ingenite e non ascitizie, quel modo di parlare che non viene dall'abitudine della conversazione e che par naturale solamente a chi vi è accostumato (cioè ai francesi e agli altri nutriti sempre di cose francesi) ma dalla natura universale, e dalla stessa materia, quello insomma ch'era  94 proprio dei greci, e con una certa proporzione, de' latini, e degl'italiani, di Senofonte di Erodoto de' trecentisti ec. i quali sono intraducibili nella lingua francese. Cosa strana che una lingua di cui essi sempre vantano la semplicità non abbia mezzi per tradurre autori semplicissimi, e di uno stile il più naturale, libero, inaffettato, disinvolto, piano, facile che si possa immaginare. E pur la cosa è rigorosamente vera, e basta osservar le traduzioni francesi da classici antichi per veder come stentino a ridurre nel loro stile di società e di conversazione ch'essi chiamano semplice (e ch'è divenuto inseparabile dalla loro lingua anzi si è quasi confuso con lei) quei prototipi di manifesta e incontrastabile semplicità; e come esse sieno lontane dal conservare in nessun modo il carattere dello stile originale. Qui comprendo anche le Georgiche di Delille intese da orecchie non francesi, e quella generale osservazione fatta anche dalla Staël nella Biblioteca italiana che le traduzioni francesi da qualunque lingua hanno sempre un carattere nazionale e diverso dallo stile {originale} e anche dalle parti più essenziali di esso, e anche da' sentimenti. E basta anche notare come le traduzioni e lo stile d'Amyot veramente semplicissimo (e non però suo proprio ma similissimo a quello de' suoi originali, e tra le lingue moderne, all'italiano) si allontanino dall'indole della presente lingua francese, non solo quanto alle parole e ai modi antiquati, ma principalmente nelle forme sostanziali, e nell'insieme dello stile, che ora di francese non può avere altro che il nome, e che sarebbe chiamato barbaro in un moderno, levato anche ogni vestigio d'arcaismo. E scommetto ch'egli riesce più facile a intendere agl'italiani, che ai francesi non dotti, massime nelle lingue classiche.

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