22. 8.bre 1820.
[293,1] Ho detto altrove; {(p.
55).} domandate piacere ad uno, che non vi si possa
fare senza incorrere nell'odio di un altro ec. La cagione di questo è che l'odio
è passione, la gratitudine ragione e dovere, eccetto il caso che il benefizio
produca l'amore passione, giacchè questa non si può dubitare che spesso non sia
più efficace ed attiva dell'odio e di tutte le altre. Ma la semplice gratitudine
è tutta relativa ad altrui, laddove l'amore passione, benchè sembri, non è tale,
ma è fondata sommamente nell'amor proprio, giacchè si ama quell'oggetto come
cosa che c'interessa, ci piace, e la nostra persona entra in questo affetto per
grandissima parte. Ma la ragione non è mai efficace come la passione. Sentite i
filosofi. Bisogna fare che l'uomo si muova per la ragione come, anzi più assai
che per la passione, anzi si muova per la sola ragione e dovere. Bubbole. La
natura degli uomini e delle cose, può ben
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corrotta, ma non corretta. E se lasciassimo fare alla natura, le cose andrebbero
benissimo, non ostante la detta superiorità della passione sulla ragione. Non
bisogna estinguer la passione colla ragione, ma convertir la ragione in
passione; fare che il dovere la virtù l'eroismo ec. diventino passioni. Tali
sono per natura. Tali erano presso gli antichi, e le cose andavano molto meglio.
Ma quando la sola passione del mondo è l'egoismo, allora si ha ben ragione di
gridar contro la passione. Ma come spegner l'egoismo colla ragione che n'è la
nutrice, dissipando le illusioni? E senza ciò, l'uomo privo di passioni, non si
muoverebbe per loro, ma neanche per la ragione, perche[perchè] le cose son fatte così, e non si possono cambiare, che la
ragione non è forza viva nè motrice, e l'uomo non farà altro che divenirne
indolente, inattivo, immobile, indifferente, infingardo, com'è divenuto in
grandissima parte. (22. 8.bre 1820.).