2. Maggio 1821.
[1007,1]
Alla p. 1003.
fine. Oltre le dette considerazioni la lingua francese, è anche estremamente distinta dall'Italiana,
perciò ch'ella è fra le moderne {colte} (e per
conseguenza fra tutte le lingue) senza contrasto la più serva, e meno libera;
naturale conseguenza dell'essere sopra tutte le altre, modellata sulla ragione.
Al contrario l'italiana è forse e senza forse, fra le dette lingue la più
libera, cosa la quale mi consentiranno tutti quelli che conoscono a fondo la
vera indole della lingua italiana, conosciuta per verità da pochissimi, e
ignorata dalla massima parte degl'italiani, e degli stessi linguisti. Nella
quale libertà la lingua italiana somiglia sommamente alla greca; ed è questa una
delle principali e più caratteristiche somiglianze che si trovano fra la nostra
lingua e la greca. A differenza della latina, la quale, secondo che fu ridotta
da' suoi ottimi scrittori, e da' suoi formatori e costitutori, è sommamente
ardita, e sommamente varia, non perciò sommamente
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libera, anzi forse meno di qualunque altra lingua antica, uno de' primi
distintivi delle quali è la libertà. Ma la lingua latina sebbene non suddita in
nessun modo della ragione, è però suddita, dirò così, di se stessa, e del suo
proprio costume, più di qualunque antica: il qual costume fisso e determinato
per tutti i versi, ancorchè ardito, ella non può però trasgredirlo, nè
alterarlo, nè oltrepassarlo ec. in verun modo; così che sebbene ella è
ricchissima di forme in se stessa, non è però punto adattabile a verunissima
altra forma, nè pieghevole se non ai modi determinati dalla sua propria usanza.
E perciò appunto, come ho detto altrove pp. 850-63 , ella non era punto adattata alla
universalità, perchè l'ardire non era accompagnato dalla libertà. E la perfetta
attitudine alla universalità consiste nel non essere nè ardita {nè varia} nè libera, come la francese. Un'altra
attitudine meno perfetta nell'essere e ardita e varia, e nel tempo stesso
libera, come la greca. L'ardire e la varietà, sebbene per lo più sono compagne
della libertà, non però sempre; nè sono la stessa cosa colla libertà, come si
vede nell'esempio della lingua latina, e bisogna {perciò} distinguere queste qualità.
[1008,1] Del resto la servilità e timidezza della lingua
francese, la distingue dunque più che da qualunque altra, dalle antiche, e fra
le moderne dall'italiana.
[1009,1]
1009 E queste sono le ragioni per cui la lingua
italiana, benchè tanto affine alla francese, come ho detto p. 1003. tuttavia n'è tanto lontana e dissimile,
massimamente nell'indole; e per cui la lingua italiana perde tutta la sua
naturalezza, e la sua proprietà, o forma propria e nativa, adattandosi alla
francese, che l'è pur sorella: e per cui i francesi sono meno adattati che verun
altro a conoscere e gustar l'italiano, cosa che apparisce dal fatto; e
finalmente per cui la lingua francese è meno adattabile alle lingue antiche, e
alle stesse lingue madri sue e della sua letteratura, come il latino e il greco,
di quello che alle lingue moderne da lei divise di cognazione, di parentela, di
famiglia, di sangue, di origine, di stirpe.
[1009,2] Quello che ho detto qui sopra dell'ardire, della
varietà, della libertà, si deve estendere a tutte le altre qualità
caratteristiche delle lingue antiche, e dell'italiana, e conseguenti dall'esser
esse modellate sull'immaginazione e sulla natura, come dire la forza,
l'efficacia, l'evidenza ec. ec. qualità che in parte derivano pure dalle altre
sopraddette, e scambievolmente l'una dall'altra, e perciò mancano essenzialmente
alla lingua francese.
[1009,3] Nè queste qualità, che dico proprie delle lingue
1010 antiche, si deve credere ch'io lo dica solamente
in vista della greca e della latina, ma di tutte; ed alcune (come la varietà,
ricchezza ec.) delle colte massimamente. Esse qualità infatti sono state notate
nella lingua Celtica, (v. p. 994.)
nella Sascrita, (v. Annali di scienze e lettere.
Milano. Gennaio 1811. N.o. 13. p. 54. fine -
55.) (lingue coltissime) benchè sieno diversissime dalle nostrali; e
così in tante altre. Nè bisognano esempi e prove di fatto, a chi sa che le dette
e simili qualità derivano immancabilmente dalla natura, maestra e norma e
signora e governatrice degli antichi e delle cose loro. (2. Maggio
1821.).