14. Maggio 1821.
[1046,2] Principalissime cagioni dell'essersi la lingua greca
per sì lungo tempo mantenuta incorrotta (v. Giordani nel fine della Lettera sul Dionigi) furono indubitatamente la sua
ricchezza, e la sua libertà d'indole e di fatto. La qual libertà produce in
buona parte la ricchezza; la qual libertà è la più
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certa, anzi necessaria, anzi unica salvaguardia della purità di qualunque
lingua. La quale se non è libera primitivamente e per indole, stante
l'inevitabile mutazione e novità delle cose, deve infallibilmente declinare
dalla sua indole primitiva, e per conseguenza alterarsi, perdere la sua
naturalezza e corrompersi: laddove ella conserva l'indole sua primitiva, se fra
le proprietà di questa è compresa la libertà. E quindi si veda quanto bene
provveggano alla conservazione della purità del nostro idioma, coloro che
vogliono togliergli la libertà, che per buona fortuna, non solo è nella sua
indole, ma ne costituisce una delle principali parti, e uno de' caratteri
distintivi. E ciò è naturale ad una lingua che ricevè buona parte di formazione
nel trecento, tempo liberissimo, perchè antichissimo, e quindi naturale, e
l'antichità e la natura non furono mai soggette alle regole minuziose e
scrupolose della ragione, e molto meno della matematica. Dico antichissimo,
rispetto alle lingue moderne, nessuna delle quali data da sì lontano tempo il
principio vero di una formazione molto inoltrata, e di una notabilissima
coltura, ed applicazione alla scrittura: nè può {di gran
lunga} mostrare in un secolo così remoto sì grande universalità e
numero di scrittori e di parlatori ec. che le servano anche oggi di modello. E
questa antichità
1048 di formazione e di coltura,
antichità unica fra le lingue moderne, è forse la cagione per cui l'indole
primitiva della lingua italiana formata, è più libera forse di quella d'ogni
altra lingua moderna colta (siccome pure dell'esser più naturale, più
immaginosa, più varia, più lontana dal geometrico ec.).
[1048,1] Tutte le lingue non formate sono libere per indole,
e per fatto. Tutte le lingue nella loro formazione primitiva, sono parimente
libere, qual più qual meno, e per indole e per fatto. La quale libertà vengono
poi perdendo appoco appoco secondo le circostanze della loro formazione. Tutte
ne perdono alquanto (e giustamente) coll'essere ridotte a forma stabile, ma qual
più qual meno, e ciò dipende dal carattere sì dei tempi come {delle nazioni e} degli scrittori che le formano.
[1048,2] Parlando dunque delle lingue {dopo che sono} perfettamente formate, io trovo rispetto alla libertà,
tre generi di lingue. Altre libere per natura e per fatto, come l'inglese. Altre
libere per natura, ma non in fatto, come si vuole oggi ridurre la nostra lingua
da' pedanti, non per altro se non perchè i pedanti non possono mai conoscere
fuorchè la superficie delle cose, e susseguentemente non hanno mai conosciuto nè
conosceranno l'indole della lingua italiana. Una
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tal lingua, malgrado la libertà primitiva e propria della sua formazione, e del
suo carattere formato, è soggetta
niente meno a corrompersi, non usando nel fatto, di questa libertà, secondo il
genio proprio suo; ed a perdere la prima e nativa libertà, per usurparne poi
necessariamente una spuria ed impropria ed aliena dal suo carattere, come oggi
ci accade. E già nel 500. si era cominciata a dimenticare da alcuni (come dal
Castelvetro ec.) questa qualità
della nostra lingua, dico la libertà, cosa veramente accaduta a quasi tutte le
lingue, e spesso ne' loro migliori secoli, appena vi s'è cominciata a
introdurre, la sterile e nuda arte gramaticale, in luogo del gusto, del tatto,
del giudizio, del sentimento naturale e dell'orecchio ec.
[1049,1] Il terzo genere è delle lingue non libere nè per
natura nè in fatto, come la francese. Lingue che vanno necessariamente a
corrompersi. La lingua latina, la cui formazione non le diede un'indole libera
(v. p. 1007. fine. - p. 1008.),
si corruppe con maravigliosa prestezza. Ed osservo nella poetica d'Orazio che a' suoi tempi la novità delle
parole era contrastata agli scrittori latini, come oggi agli italiani da'
pedanti, cosa che io non mi ricordo
1050 mai di aver
notato in nessuno scrittor greco in ordine alla lingua greca (e lo stesso dico
d'ogni altra lingua antica). Al più i gramatici e filologi greci non molto
antichi nè degli ottimi tempi della favella, faranno gli smorfiosi intorno alla
purità dell'Atticismo, e all'escludere questa o quella parola o frase da questo
o quel dialetto, riconoscendola però per greca, e non escludendola dalla
scrittura greca, come fanno i toscani rispetto all'italiana.
[1050,1] Diranno che la lingua francese, la più timida,
serva, legata di tutte quante le lingue antiche e moderne, colte o incolte, si
mantiene tuttavia pura. Rispondo
[1050,2] 1. La lingua francese schiava rispetto ai modi è
liberissima (sia per legge o per fatto) nelle parole.
[1050,3] 2. La servilità di una lingua è incompatibile colla
durata della sua purità, a causa della inevitabile mutazione e novità delle
cose. Ma la lingua francese formata com'è oggi, è {ancor} nuova. Le circostanze hanno voluto che ella ricevesse una
forma stabile in un tempo moderno, e da questa forma fosse ridotta ad esser
lingua precisamente di carattere moderno. Non è dunque maraviglia se le cose
moderne non la corrompono. La quale modernità
1051 di
formazione, fu anche la causa della sua servilità. Se fosse stato possibile che
la lingua francese ricevesse una forma {di genere simile a
quella} che ha presentemente, e divenisse così servile, al tempo in
cui fu formata p. e. la lingua italiana; ella sarebbe oggi così barbara, e
sformata; avrebbe talmente perduta quella tal forma ed indole, che non si
potrebbe più riconoscere. Come infatti la lingua francese così formata come fu
dall'Accademia, non si riconosce dall'antica; e gli Accademici {(o l'età e il genio d'allora)} per ridurla così doverono
trasformarla affatto dall'antica sua natura (v. Algarotti
Saggio sulla lingua francese);
il che sarebbe stato insomma lo stesso che guastarla, e la lingua francese si
chiamerebbe oggi corrotta, se prima di quel tempo ella avesse mai ricevuta una
forma stabile. E quantunque non l'avesse ricevuta, e gli scritti anteriori non
sieno per lo più di gran pregio, nondimeno il solo Amyot, tenuto anche oggi per classico, mostra che
differenza passi tra l'antica {e primitiva e propria}
indole della lingua francese e la moderna; mostra che {se} quella lingua fosse stata mai classica, {(il
che non mancò se non dalla copia di tali scrittori)} la presente
sarebbe barbara; mostra quanto quella lingua fosse libera nelle forme e nei modi
ec. {+mostra la
differenza delle nature de' tempi anche in
Francia ec. E notate che {anche}
Amiot, come {pure}
Montagne, Charron ec. furono nel secolo del 500. epoca
della vera formazione delle lingue italiana e spagnuola, e della
letteratura di queste nazioni.} E ben credo che lo stile
d'Amyot formi la disperazione de'
moderni francesi
1052 che si studino d'imitarlo (v. Andrès, t. 3. p. 97. nota del Loschi), giacchè la loro lingua ne ha
perduta interamente la facoltà, e v. il
luogo di Thomas che ho
citato altrove p. 208
p. 970
[1052,1] 3. Ho già detto in altri luoghi come la lingua
francese vada effettivamente degenerando dagli stessi scrittori classici del
tempo di Luigi 14.
{+in proporzione
della diversità de' tempi, naturalmente assai minore di quella che corre
fra il tempo presente, e quello della formazione p. e. della lingua
italiana} e qual sia il pericolo che corre massimamente
l'odierna lingua francese, pericolo veramente non di lei sola, ma di tutte le
lingue; e non delle lingue sole, ma delle letterature ugualmente; e non solo di
queste, ma degli uomini e delle nazioni {e della vita}
del nostro tempo; cioè il pericolo di divenir matematici di filosofici e
ragionevoli che sono stati da qualche tempo fino ad ora, e di naturali che
furono anticamente. (14. Maggio 1821.).