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2 Sett. 1821.

[1607,1]  I moti e gli atti degli uomini (e de' viventi in proporzione delle rispettive qualità) sono naturalmente vivissimi, specialmente nella passione. La civiltà gli raddolcisce, gli modera, e va tanto innanzi che oramai gran parte del bel trattare consiste nel non muoversi, siccome nel parlare a voce bassa ec. e l'uomo appassionato quasi non {si} distingue dall'indifferente per verun segno esterno. L'individuo civilizzato copia in se stesso lo stato a cui la società è ridotta dall'incivilimento {+come una camera oscura ricopia un[in] piccolissimo una vasta prospettiva.} Non più moto nè in questa nè in  1608 quello. Questa corrispondenza non è nè casuale nè frivola. E ben importante l'osservare come i menomi effetti derivino dalle grandi cagioni, come armonizzino insieme le cose grandi e le piccole, come la natura del secolo influisca sulle menome parti de' costumi, come dalle piccolissime e giornaliere osservazioni si possa rimontare alle grandissime e generali. L'animo e il corpo dell'uomo civile si rende appoco appoco immobile in ragione de' progressi della civiltà: e si va quasi distruggendo (gran perfezionamento dell'uomo!) la principal distinzione che la natura ha posto fra le cose animate e inanimate, fra la vita e la morte, cioè la facoltà del movimento. (2 Sett. 1821.).