30. Ott. 1821.
[2017,3] Il fare un atto di vigore, o il servirsi del vigore
passivamente o attivamente, {+(come fare
un veloce cammino, o de' movimenti forti ed energici ec.)} quando
{e finchè} ciò non superi le forze dell'individuo,
è piacevole per ciò solo, quando anche sia per se stesso incomodo, (come
l'esporsi a un gran freddo ec.) quando anche sia senza spettatori, e
prescindendo pure dall'ambizione e dall'interna soddisfazione e
2018 compiacenza di se stesso, che vi si prova. {+Nè solo il fare tali atti, ma anche il
vederli, l'essere spettatore di cose attive, energiche, rapide, movimenti
ec. vivaci, forti, difficili ec. ec. azioni ec. piace, perchè mette l'anima
in una certa azione, e le comunica una certa attività interiore, la rompe ec. l'esercita da lontano ec.
e par ch'ella {ne} ritorni più forte, ed esercitata
ec.}
[2018,1] Ho detto p. 1953 che ogni sensazione di vigore
corporale è piacevole. Così anche nell'anima (e però è piacevole ogni
sollevazione dello spirito, cagionata dalla lettura, dagli spettacoli,
dall'orazione, dalla meditazione, dalle sensazioni esterne d'ogni genere ec.);
così anche ogni atto di vigore spirituale, come risoluzioni virtuose, o
energiche, sacrifizi, rassegnazioni ec. ec.
[2018,2] In somma il vivente tende essenzialmente alla vita.
La vita è per lui piacevole, e quindi tutto ciò ch'è vivo, venga pur sotto
l'aspetto della morte. La felicità dell'uomo consiste nella vivacità delle
sensazioni e della vita, perciocch'egli ama la vita. E questa vivacità non è mai
tanto grande come quando ell'è corporale. Lo stato naturale provvedeva
ottimamente a questa inclinazione elementare e generalissima
dell'uomo. (30. Ott. 1821.).