28. Nov. 1821.
[2182,1] È cosa osservata che non solo le stesse morti
provenienti da mali dolorosissimi, sogliono esser precedute da una diminuzione
di dolore, anzi quasi totale insensibilità, ma che questi sono segni certi, e
quasi immancabili (io credo certo immancabili) di morte vicina. Laonde tanto è
lungi che la morte sia un punto di straordinaria pena o dolore o incomodo
qualunque corporale, che anzi gli stessi travagli corporali che la cagionano,
per veementi che sieno (e quanto più sono veementi) cessano affatto
all'avvicinarsi di lei; e il momento della morte, e quelli che immediatamente la
precedono
2183 sono assolutamente momenti di riposo e
di ristoro, tanto più pieno e profondo quanto maggiori sono le pene che
conducono a quel passo. Ciò che dico del travaglio corporale, si deve pur
necessariamente estendere allo spirituale, perchè quando l'insensibilità del
paziente è giunta a segno che lo rende insuscettibile di qualunque dolore
corporale, per grandi che sieno le cagioni che dovrebbero produrlo, il che
immancabilmente accade in punto di morte, è manifesto che l'anima essendo quasi
fuori de' sensi, è fuori di se stessa, fuori de' sensi spirituali, che non
operano se non per mezzi corporali, e quindi incapace di pene e di travagli di
pensiero. Ed infatti il punto della morte, è sempre preceduto dalla perdita
della parola, e da una totale insensibilità ed incapacità di attendere e di
concepire, come si argomenta dai segni esterni, e come accade a chi sviene, o a
chi dorme. ec. E questo letargo precursore
2184
immancabilissimo della morte, è forse, almeno in molti casi, più lungo nelle
malattie violente ed acute, che nelle lente, compassionando così la natura alle
pene de' mortali, e togliendo loro maturamente la forza di sentire, quando ella
non sarebbe più se non forza di patire. (28. Nov. 1821.).