27. Dic. 1821.
[2292,1]
2292 Chi deve governare gli uomini, dovrebbe conoscerli
più che alcun altro mai. I principi per lo contrario, cresciuti fra
l'adulazione, e vedendo gli uomini sempre diversi da quello che sono, (per le
infinite simulazioni della corte) e da giovani avendo poca voglia, più tardi
poco tempo di attendere agli studi, non possono conoscer gli uomini nè come li
conoscono i filosofi, nè come li conosce chi ha praticato e sperimentato il
mondo qual egli è. Quindi nella cognizione degli uomini, dote in essi di prima
necessità per il bene de' sudditi, i principi non solo non sono superiori, ma
necessariamente inferiori ai più meschini e ignoranti che vivono nel mondo. A
questo gran difetto rimedierebbero gli studi: e infatti quanti principi sono
stati studiosi o in gioventù o in seguito, quanti principi sono stati filosofi,
tanti sono stati buoni principi, avendo appreso dai libri a conoscer quel mondo
e
2293 quelle cose che avevano a governare. Marcaurelio, Augusto, Giuliano ec. Parrebbe questo un grandissimo pregio e un vero trionfo
della filosofia, e dimostrazione della sua utilità. Ma io dico che la filosofia
non ha fatto nè farà mai questo buon effetto di darci dei buoni principi, se non
fino ch'ella fu, o quando ella è imperfetta: allo stesso modo che solo in questo
caso ella può darci de' buoni privati, e ce ne diede e ce ne dà. Vengo a dire
che la filosofia moderna (la quale può dirsi che nella sua natura, cioè in
quanto filosofia, o scienza della ragione e del vero, sia perfetta) non farà de'
buoni principi, come non farà mai de' buoni privati; anzi ne farà dei pessimi,
perchè la perfezione della filosofia, non è insomma altro che l'egoismo; e però
la filosofia moderna non farà de' principi (come
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vediamo de' privati) se non de' puri e perfetti egoisti. Tanto peggiori de'
principi ignoranti, quanto che in questi l'egoismo ha una base meno salda; la
natura che lo cagiona, v'aggiunge molti lenitivi e modificativi; le illusioni
della virtù della grandezza d'animo, della compassione, della gloria non sono
irrevocabilmente chiuse per loro, come per un principe filosofo moderno: e se
non altro in quelli la coscienza e l'opinione ripugna al costume, e al vizio; in
questi li rassoda, li protegge (essendo un filosofo moderno, necessariamente
egoista, e {quindi} malvagio, per principii), anzi li
comanda, e condannerebbe il principe se non fosse egoista dopo aver conosciute
le cose e gli uomini. Così che anche un principe inclinatissimo alla virtù,
divenendo filosofo alla moderna, diverrebbe quasi per forza e suo malgrado
vizioso,
2295 come accade ne' privati. Volete una prova
di fatto? Volete conoscere che cosa sia un principe filosofo moderno? Osservate
Federico II. e paragonatelo con
M. Aurelio. Di maniera che è da
desiderarsi sommamente oggidì che un principe non sia filosofo, il che tanto
sarebbe, quanto freddo e feroce e inesorabile egoista, ed un egoista che ha in
mano, e può disporre a' suoi vantaggi una nazione, è quanto dire un tiranno.
Ecco il bel frutto e pregio della filosofia moderna, la quale finisce
d'impossibilitare i principi ad esser virtuosi (siccome fa ne' privati), e a
conoscer gli uomini, senza il che non possono esser buoni principi. Ma siccome
questo effetto della filosofia moderna, non è in quanto moderna, ma in quanto
vera e perfezionata filosofia (giacchè niente di falso le possiamo imputare), e
siccome le cose si denno considerare e giudicare nella
2296 loro perfezione cioè nella pienezza del loro essere, e delle loro
qualità e proprietà, così giudicate che cosa sia per essenza la filosofia, la
sapienza, la ragione, la cognizione del vero, tanto riguardo al regolare le
nazioni, cioè riguardo a' principi, quanto assolutamente parlando. (27.
Dic. 1821.).