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22. Gen. 1822.

[2354,1]  Virg. En. 6. v. 567.-69. dice che Radamanto, il giudice criminale delle anime, condanna coloro che non hanno fatto ammenda delle loro colpe. Castigatque auditque dolos; subigitque fateri Quae quis apud superos, furto laetatus inani, * (cioè vanamente rallegrandosi di aver negata agli Dei la soddisfazione dovuta loro per li suoi falli) Distulit in seram commissa piacula mortem. * Parole notabilissime perchè danno a conoscere come anche i gentili avessero chiara idea ed opinione della possibilità e necessità della penitenza, e dell'empietà e stoltezza di chi indugia a pentirsi e placar gli Dei sino alla morte. E notate qui in Virgilio un[un'] espressione quasi Cristiana. {Della possibilità e necessità d'impetrare dagli Dei il perdono delle proprie colpe, v. Senofonte, Memorab. l. 2. c. 2. p. 14.} (22. Gen. 1822.).