22. Giugno. 1822.
[2488,1]
Alla p. 2414.
fine. Tutti gli uomini e tutti gli animali amano se stessi nè più nè
meno secondo la misura ed energia della loro vitalità. Quindi non mi par più
vero quel ch'io dico altrove pp. 2153-55
pp.
2204-205, che la quantità dell'amor proprio sia precisamente uguale in
ciascun vivente. Perocchè le diverse specie di viventi, e i diversi individui
d'una medesima specie, e questi medesimi individui in diversi tempi e
circostanze
2489 hanno relativamente diverse somme di
vitalità. Come altre specie hanno più spiriti, altre meno. E fra queste l'umana
ne ha più di tutte. Ma fra gli uomini altri n'hanno più, altri meno: ed anche
naturalmente questi nasce con più, questi con meno talento.
[2489,1] Di più l'amor proprio essendo una qualità del
vivente, e queste qualità, come ho provato in più luoghi pp. 1820-21
p.
1911, essendo disposizioni, e queste disposizioni conformabili, e che
possono fruttificare e produrre delle facoltà, e questo massimamente nell'uomo,
ne segue che l'amor proprio, specialmente nell'uomo, è conformabile e
coltivabile come le altre qualità. Anzi tanto più quanto egli abbraccia tutte le
qualità dell'animo del vivente. Quindi
anche l'amor proprio fa progressi, come ne fa lo spirito umano, ed è maggiore
non solo in una specie o individuo naturalmente più vivo e sensitivo, ma anche
in un individuo colto rispetto ad uno non colto, in un secolo colto rispetto
2490 ad un altro meno colto, in una nazione civile
rispetto a una barbara, e in uno individuo medesimo, è maggiore dopo lo sviluppo
delle sue qualità o disposizioni sensitive, sentimento, vitalità, ingegno, è
maggiore, dico, che non era prima.
[2490,1] E siccome ho provato p. 1382
pp. 2410-14 che
l'infelicità dell'animale è sempre in ragion diretta dell'attività del suo amor
proprio, così resta chiaro, e perchè l'uomo sia naturalmente meno felice degli
altri animali, e perchè a misura ch'egli s'incivilisce, il che accresce di mano
in mano l'attività dell'amor proprio, egli divenga ogni giorno più infelice,
necessariamente, e quasi per legge matematica.
[2490,2] Che poi l'amor proprio sia conformabile,
coltivabile, modificabile, sviluppabile, suscettivo d'incremento, e di maggiore
o minore attività e influenza, si farà chiaro considerando l'amor proprio, come
una passione. E infatti lo è, anzi non v'è passione che non sia amor proprio, e
tutte sono un effetto suo
2491 non distinto dalla
causa, {e non esistente fuor di lei,} la quale opera
ora così, e si chiama superbia, ora così, e si chiama ira, ed è sempre una
passione sola, primitiva, essenziale. Dimodo che le passioni sono piuttosto
azioni ch'effetti dell'amor proprio, cioè non sono figlie sue in maniera che ne
ricevano un'esistenza propria, e separata o separabile da lui.
[2491,1] Or p. e. l'ira o l'impazienza del proprio male, non
è ella modificabilissima e diversissima, non solo in diverse specie, o
individui, ma in un medesimo individuo, secondo le circostanze? Ponetelo nelle
sventure ed assuefatecelo. Sia pure impazientissimo per natura; col tempo e
coll'assuefazione, diviene pazientissimo. (Testimonio io per ogni parte di
questa proposizione). {+Fate che questo
medesimo non abbia mai provato sventure, o assuefatelo di nuovo alla
prosperità, o supponete in una di queste due circostanze un altro
individuo,} e sia egli di natura mansuetissima. Ogni menomo male lo
pone in impazienza. Or qual effetto più sostanziale dell'amor proprio, che
l'impazienza del male di questo sè che
si ama? E pur questa
2492 impazienza è maggiore e
minore secondo le nature, le specie, gl'individui, e le circostanze e le
assuefazioni di un medesimo individuo. Così dunque l'amor proprio del qual essa
è opera. (22. Giugno. 1822.).