24. Giugno. 1822.
[2493,2] L'amor proprio, il quale, come ho dimostrato [pp. 646-48]
[p.
1382]
pp. 2410. sgg.
[p. 2490] più volte, è necessaria o quasi necessaria sorgente
d'infelicità, era però (oltre l'essere una essenziale conseguenza e parte
2494 dell'esistenza sentita e conosciuta
dall'esistente) necessario ancora e indispensabile alla felicità. Come si può
dare amor della felicità senz'amor di se stesso? anzi questi due amori sono
precisamente una cosa sola con due nomi. E come si potrebbe dar felicità senza
amor di felicità? Giacchè l'animale non può godere e compiacersi di quel che non
ama. Dunque non amando la felicità, non potrebbe goderla nè compiacersene.
Dunque quella non sarebbe felicità, ed egli non la potrebbe provare. Dunque
l'animale, se non amasse se stesso, non potrebbe esser felice, e sarebbe
essenzialmente incapace della felicità, e in disposizione contraddittoria colla
natura di essa. Quindi si deve scusar la natura, e riconoscere che sebbene
l'amor proprio produce necessariamente l'infelicità (maggiore o minore), la
natura non ha però sbagliato nell'ingenerarlo ai viventi, essendo necessario
alla felicità, e però il suddetto
2495 inconveniente
era inevitabile come tanti altri, e derivato come tanti altri da una cosa ch'è
un bene, e fatta per bene. (24. Giugno. 1822.).