21. Luglio 1822.
[2574,1] Non c'è virtù in un popolo senz'amor patrio, come ho
dimostrato altrove [pp. 892-93]. Vogliono che basti la Religione. I tempi
barbari, bassi ec. erano religiosi fino alla superstizione, e la virtù dov'era?
Se per religione intendono la pratica della medesima, vengono a dire che non c'è
virtù senza virtù. Chi è religioso in pratica, è virtuoso. Se intendono la
teorica, {e} la speranza e il timore delle cose di là,
l'esperienza di tutti i tempi dimostra che questa non basta a fare un popolo
attualmente e praticamente virtuoso. L'uomo, e specialmente
2575 la moltitudine non è fisicamente capace di uno stato continuo di
riflessione. Or quello ch'è lontano, quello che non si vede, quello che dee
venir dopo la morte, dalla quale ciascuno naturalmente si figura d'esser
lontanissimo, non può fortemente {costantemente} ed
efficacemente influire sulle azioni e sulla vita, se non di chi tutto giorno
riflettesse. Appena l'uomo entra nel mondo, anzi appena egli esce del suo
interno (nel quale il più degli uomini non entra mai, e ciò per natura propria)
le cose che influiscono su di lui, sono le presenti, le sensibili, o quelle le
cui immagini sono suscitate e fomentate dalle cose in qualunque modo sensibili:
non già le cose, che oltre all'esser lontane, appartengono ad uno stato di
natura diversa dalla nostra presente, cioè al nostro stato dopo la morte, e
quindi, vivendo {noi} necessariamente fra
2576 la materia, e fra questa presente natura, appena
le sappiamo considerare come esistenti, giacchè non hanno che far punto con
niente di quello la cui esistenza sperimentiamo, e trattiamo, e sentiamo ec. La
conchiusione è che tolta alla virtù una ragione presente, o vicina, e sensibile,
e tuttogiorno posta dinanzi a noi; tolta dico questa ragione alla virtù (la qual
ragione, come ho provato, non può esser che l'amor patrio), è tolta anche la
virtù: e la ragione lontana, insensibile, e soprattutto, estrinseca affatto alla
natura della vita presente, e delle cose in cui la virtù si deve esercitare,
questa ragione, dico, non sarà mai sufficiente all'attuale e pratica virtù
dell'uomo, e molto meno della moltitudine, se non forse ne' primi anni, in cui
dura il fervore della nuova opinione, come nel primo secolo del Cristianesimo (corrotto già nel secondo.
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V. i SS. Padri.) (21. Luglio
1822.).