6. Agosto 1822.
[2594,1] Ho detto altrove p. 111
pp. 950-52
pp. 1704 che le voci greche nelle lingue nostre non sono altro che
termini (in proporzione però del tempo da ch'elle vi sono introdotte: p. e. filosofia e tali altre voci greche venuteci mediante
il latino, sono alquanto più che termini), cioè ch'elle non esprimono se non se
una pura idea, senz'alcun'altra concomitante. Per questa ragione appunto, oltre
le altre notate altrove, le voci greche sono infinitamente a proposito nelle
nostre scuole e scienze, perocch'elle rappresentano costantemente e
schiettamente quella nuda, secca e semplicissima idea alla quale sono state
appropriate; e perciò servono alla precisione
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molto meglio di quello che possano mai fare le voci tolte dalle proprie lingue,
le quali voci benchè fossero formate, composte ec. di nuovo, sempre porterebbero
seco qualche idea concomitante. Ma per questa medesima ragione le voci greche
sono intollerabili nella bella letteratura (barbare poi nella poesia, benchè i
francesi si facciano un pregio, un vezzo e una galanteria d'introdurcele), dove
intollerabili sono le idee secche e nude, o la secca e nuda espressione delle
idee. (6. Agosto 1822.).