2-3. Feb. 1823.
[2668,1] Chi mi chiedesse quanto e fino a qual segno la
filosofia si debba brigare delle cose umane e del regolamento dello spirito,
delle passioni, delle opinioni, de' costumi, della vita umana; risponderei tanto
e fino a quel punto che i governi si debbono brigare dell'industria {e del commercio} nazionale a voler che questi
fioriscano, vale a dire non brigarsene nè punto nè poco. E sotto questo aspetto
la filosofia è veramente e pienamente paragonabile alla scienza dell'economia
pubblica. La perfezione della quale consiste nel conoscere che bisogna lasciar
fare alla natura, che quanto il commercio {(interno ed
esterno)} e l'industria è più libera, tanto più prospera, e tanto
meglio camminano gli affari della nazione; che quanto più è regolata tanto più
decade e vien meno; che in somma essa scienza è inutile, poichè il suo meglio è
fare che le cose vadano come s'ella non esistesse, e come anderebbero da per
tutto dov'ella e i governi non s'intrigassero del commercio e dell'industria; e
la sua perfezione è
2669 interdirsi ogni azione,
conoscere il danno ch'essa medesima reca, e in somma non far nulla, al quale
effetto gli uomini non avevano bisogno d'economia politica, ma s'ella non fosse
stata, ciò si sarebbe necessariamente ottenuto allo stesso modo, e meglio. Ora
tale appunto si è la perfezione della filosofia e della ragione e della
riflessione ec. come ho detto altrove [pp. 448-50]
[pp. 491-494]
[pp.
574-75]. (2-3. Feb. 1823.).