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21. 8.bre 1820.

[290,1]   290 Alla p. 283 aggiungi. L'uomo non si avvede mai precisamente del punto in cui egli si addormenta, per quanto voglia proccurarlo. Ora il sonno non è il fine della vita, ma {certo} un interrompimento, {e quasi un'immagine di esso fine;} e se l'uomo non può sentire il punto in cui le sue facoltà {vitali} restano come sospese, molto meno quando sono distrutte. Forse anche si potrà dire che l'addormentarsi non è un punto, ma uno spazio progressivo più o meno breve, un appoco appoco più o meno rapido; e lo stesso si dovrà dir della morte. Di più è certo che i momenti i quali precedono immediatamente il sonno, e il punto o lo spazio dell'addormentarsi definitamente (sebbene impercettibile), è dilettevole. Questo quando anche la cagione del sonno, come il languore, il travaglio, la malattia, la semplice debolezza, non siano dilettevoli, anzi l'opposto; e però i momenti più lontani dal sonno siano penosi. Anzi anche il letargo proveniente da infermità, anche mortale, è dilettevole. Che il torpore sia dilettevole l'ho notato già in questi pensieri nella teoria del piacerep. 172 e assegnatane la ragione. Credo che su questo fondamento il Napoletano  291 Cirillo abbia opinato che la morte abbia un non so che di dilettevole. Nel che sono interamente con lui, e non dubito che l'uomo (e qualunque animale) non provi un certo conforto, e un tal qual piacere nella morte. Non già che le cagioni di lei, e perciò i momenti più lontani da lei, siano dilettevoli; ma sibbene i momenti che la precedono immediatamente, e quello {stesso} punto o spazio impercettibile, e insensibile, in cui ella consiste. E ciò in qualunque malattia, anche nelle acutissime, nelle quali il Buffon pare che convenga che la morte possa esser dolorosa. Anzi il torpore della morte dev'esser tanto più dilettevole, quanto maggiori sono le pene che lo precedono, e da cui esso per conseguenza ci libera. E però generalmente e sempre, il torpore della morte dev'essere più grato di quello del sonno, perchè succede a molto maggior travaglio. Il qual sonno come ho detto non è mai penoso, quando anche sia cagionato da pene, anche da angoscie vive, come da febbre ardente ec. {Quanto alle malattie dove l'uomo si estingue appoco appoco, e con piena conoscenza fino all'ultimo, è certo che non v'è momento così immediatamente vicino alla morte, dove l'uomo anche il meno illuso non si prometta un'ora almeno di vita, come si dice de' vecchi ec. E così la morte non è mai troppo vicina al pensiero del moribondo, per la solita misericordia della natura.{{V. p. 599. capoverso 2.}}} Io bene spesso trovandomi in gravi travagli o corporali o morali, ho desiderato non solamente il riposo, ma la mia anima senza sforzo, e senza eroismo, si compiaceva  292 naturalmente nell'idea di un'insensibilità illimitata e perpetua, di un riposo, di una continua inazione dell'anima e del corpo, la qual cosa desiderata in quei momenti dalla mia natura, mi era nominata dalla ragione col nome espresso di morte, nè mi spaventava punto. E moltissimi malati non eroi, nè coraggiosi anzi timidissimi, hanno desiderato e desiderano la morte in mezzo ai grandi dolori, e sentono un riposo in quell'idea, il quale sarebbe molto maggiore, se l'idea della morte non fosse accompagnata dai timori del futuro, e da cento altre cose estranee, e d'altro genere. Del resto il riposo ch'io desiderava allora mi piaceva più che dovesse esser perpetuo, acciò non avessi dovuto ripigliare svegliandomi gli stessi travagli de' quali era così stanco.
[292,1]  Se la morte e il sonno siano un punto o uno spazio, non si ricerca riguardo a quei momenti nei quali l'uomo conserva ancora una cognizione di se, che va scemando a poco a poco, giacchè questo non si dubita che non sia uno spazio progressivo, ma riguardo al tempo non sensibile, nè conoscibile, nè ricordabile. Il quale pare che debba essere istantaneo, giacchè il passaggio dal conoscere al non conoscere,  293 dall'essere al non essere, dalla cosa quantunque menoma al nulla, non ammette gradazione, ma si fa necessariamente per salto, e istantaneamente. (21. 8.bre 1820.).