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27. Agosto. 1823.

[3284,2]  {Ciò per la varietà de'dialetti, o per altro, in modo però che le voci formate per tali alterazioni sono generalmente proprie degli scrittori greci o de' poeti; onde a noi partoriscono la stessa difficoltà, qual se ne fusse la cagione {e l'origine;} e quando questa pur fusse particolare, la difficultà che a noi ne viene è ordinaria e generale ec.} La lingua greca, secondo che si può vedere a pagg. 2774. - 2777 , e più largamente e distintamente per capi presso i grammatici, ebbe in costume di alterare notabilmente le sue radici, p. e. i temi de' suoi verbi, anche fuori affatto dei casi di derivazione e di composizione, e senza punto alterarne il significato, ma  3285 semplicemente la forma estrinseca e gli elementi del vocabolo. Onde i verbi in ω li trasmutavano in verbi in μι; {+dei temi} ad altri aggiungevano le lettere αν, e li facevano terminare in ανω, ad altri αιν, e li terminavano in αινω, ad altri σκ e li finivano in σκω (ma questi non erano sempre alterati dal tema, ma da un altro tempo del verbo: v. i Grammatici), {+ad altri duplicavano la prima conson., interponendo una vocale, come l'iota (πιπράσκω), ec. Spesso si mutava la desinenza, volgendola in ίζω ec. senza mutazione di significato: νεμεσάω-νεμεσίζω, βάπτω-βαπτίζω ec. ec..} {Da ὄϕλω o da ὀϕείλω, ὀϕλισκάνω, doppia alterazione.} E di questi verbi e temi così alterati materialmente senz'alcun'alterazione di significato, altri restarono soli, {venendo a mancare} il tema o verbo primitivo e incorrotto, altri {restarono} insieme con questo, altri insieme con altri verbi fatti per tali alterazioni dal medesimo tema ec. ec. Ed altri interi, altri difettivi, suppliti dal verbo primitivo in molte voci, anomali, regolari ec. ec. del che vedi i Grammatici. E queste alterazioni de' verbi primitivi e de' temi (e così dell'altre radici), alterazioni affatto diverse {+distinte e indipendenti} dalla derivazione e {dalla} composizione, che anche nelle altre lingue hanno luogo; alterazioni che per niun conto influivano nè modificavano il significato (come influisce e modifica, o suole per lo più e regolarmente fare, la composizione e la derivazione), non furono  3286 già nella lingua greca quasi casuali, rare, fuor di regola e di costume e d'ordine, quasi anomalie, aberrazioni, non proprie della lingua, ma frequentissime, ordinarie, usitate, {abituali,} e regolari, ossia fatte per regola, come apparisce dal gran numero di temi e verbi che si trovano alterati in questo o quello de' suddetti modi e degli altri che si potrebbero dire; onde i grammatici distinguono siffatte alterazioni o modificazioni affatto materiali in molti diversi generi, e sotto ciascun genere radunano un gran numero di verbi o temi, in quella tal guisa uniformemente alterati {dal primo loro essere.} Questa tal sorta di alterazione, questo modo di alterare le voci, indipendente e diverso affatto dal derivare e dal comporre, e del tutto scompagnato dalla mutazione o pur modificazione di senso, non si trova punto nel latino; certo non vi si trova per costume nè per regola, nè d'assai così frequente, nè così vario ec. Perlochè anche di qui si faccia ragione quanto più nel greco che nel latino sia difficile il rintracciare le origini, l'antichità, il primitivo o l'antico stato delle voci e della lingua e della  3287 grammatica, le radici, l'etimologie ec. Massime considerando che detta materialissima alterazione si fa non mica in uno o in due, ma in molti diversissimi modi, tutti però frequentissimi e usitatissimi; che {moltissimi} verbi o vocaboli così alterati hanno mandato in disuso i non alterati ec. {+che naturalmente moltissimi verbi così alterati, essendo perduti quelli della primitiva forma, saranno da noi creduti aver la forma primitiva, e pigliati per radici, quando non saranno che alterazioni di queste, più o men lontane, mediate o immediate, maggiori o minori ec. ec.}
[3287,1]  Usa ancora la lingua greca alcune derivazioni di voci, p. e. di verbi, che nulla {però} cambiano il significato, e il non cambiarlo non è in esse anomalia, o cosa non ordinaria, come lo sarebbe in latino, ma ordinaria e regolare. Voglio dir p. e. di quella maniera siracusana di formare dal perfetto de' temi un nuovo verbo, come da {τέϑνηκα di} ϑνάω fare {τεϑνήκω,} {+da ἕστηκα di στάω, ἑστήκω, da πέϕυκα di ϕύω, πεϕύκω} (e questa maniera, con siffatti verbi, sono ricevuti {massime} da' poeti, {ma anche da' prosatori} greci, generalmente); e di quell'altra maniera greca di fare dal futuro primo de' temi un nuovo verbo, aggiungendoci il κ, come da τρώω (inusitato) - τρώσω, τρώσκω inusitato onde τίτρωσω. (V. i Gram. se però è vera questa maniera, e non piuttosto si fa p. e. τρώσκω dal tema stesso, cioè τρώω, interpostovi σκ, come da ἵζω, ἱζάνω, interposto  3288 l'αν ec. ec.). Queste {e tali altre molte} derivazioni senza cambiamenti di significato, che perciò appunto hanno contribuito sommamente a perdere e distruggere le voci originarie, e contribuiscono a nasconderle, e renderne difficile l'investigazione, e confondere l'erudito, e dividere i gramatici in cento diversi sistemi e opinioni, sì circa le regole più o men generali, sì circa le particolari etimologie ec. ec.; non hanno luogo nella lingua latina, o certo assai meno senza confronto ec. ec. (27. Agos. 1823.)