1. Dec. 1820.
[369,1] Non è forse cosa che tanto promuova l'attività e
l'impazienza di ottenere il fine che si desidera, quanto l'incertezza di
ottenerlo, quando però questo vi prema, e l'idea di non ottenerlo vi attristi.
Non {già} solamente perchè l'incertezza, obbliga
all'azione (laddove la certezza può dar luogo alla pigrizia) in quanto un fine
incerto domanda maggior cura per ottenerlo. Ma quando anche non domandi maggior
cura, il che può ben accadere (perchè un fine può esser certo, posta però una
grande attività per conseguirlo) e indipendentemente affatto dall'utilità e dal
bisogno delle cure, tu sarai attivissimo e impazientissimo di ottenerlo, per
questo solo che tu non puoi sopportare quell'incertezza, e che tu spasimi di
liberarti dall'angustia che ti deriva dal dubbio di non riuscire ad un fine che
tu desideri grandemente. Angustia alla quale forse preferirai la certezza di non
poterlo conseguire. Anche materialmente m'{è} accaduto
più volte di dubitare se alcuni miei sforzi corporali avrebbero potuto ottenere
un fine che
370 mi premeva, e perciò raddoppiarli
impazientemente, sebbene altri mi consigliava di riposare {perchè la dilazione non faceva alcun danno.} Ma io non poteva
sostere[sostenere] l'incertezza di una cosa
che m'importava, laddove se non avessi dubitato non avrei avuto difficoltà di
aspettare. E così la stessa mia impazienza poteva pregiudicare al fine,
togliendomi il riposo necessario ec. Così nel comporre ec. Parimenti se tu devi
compire una tale operazione in un dato spazio, e temi di non riuscirvi,
l'impazienza e la sollecitudine tua non cresce in ragione del bisogno, ma ben da
vantaggio, e, s'è possibile, tu vieni a capo dell'opera prima del termine
prefisso. (1. Dec. 1820.). {{V. p. 712.
capoverso 2.
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