21. Apr. 1824.
[4076,3] A proposito del detto altrove [pp. 3494-97]
[pp.
3544-45]
[p.
4048]
[p.
4050] circa i semidei dimostranti l'alta opinione che gli antichi
avevano della natura umana, osservisi con quanta facilità si divinizzavano
appresso i romani gl'imperatori o altri della loro famiglia, o loro liberti e
favoriti, o vivi ancora, o morti al tempo e sotto gli occhi di quelli che li
divinizzavano, anzi allora allora. {anche
Cesare Dittat. fu divinizzato,
con flamine ec. ec., dopo la morte almeno. V. gli storici e Sveton. in fine della sua vita.} Non dirò già io che nè quelli
che li divinizzavano, nè le altre persone intelligenti, nè forse anche la più
ignorante feccia del popolo e la più superstiziosa, massime in quei tempi già
illuminati e disingannati in tante cose (sebbene anche a quei tempi v'aveano
persone, eziandio tra' nobili e senatori, di maravigliosa superstizione, come e
più che non fu Senofonte, spirito sì
colto e istruito, fra' greci in tempi simili) credessero veramente alla divinità
di quei tali imperatori o parenti o favoriti di essi, vivi o morti. Ma quest'uso
solo di divinizzare delle persone
4077 contemporanee,
cosa che poichè era tanto ricercata da un canto dall'ambizione, dall'altro
dall'adulazione, non doveva essere al tutto senza qualche effetto di persuasione
in qualche parte del popolo, dimostra quanto poca distanza e diversità di natura
ponessero gli antichi fra il divino e l'umano, senza di che non sarebbe stato
possibile che una tale assurdità fosse pur venuta loro nella mente. Certo nè
anche a' più barbari, ignoranti e superstiziosi tempi del Cristianesimo, niuno
pensò nè avrebbe potuto pensare o di far credere ad alcuno o solamente di dire
{per adulazione o per altro qualunque motivo} che
una persona non solo contemporanea, non solo viva, ma morta ed antica e famosa
pure per santità e per qualsivoglia virtù o dignità, potenza ed opere vere o
credute, fosse stato trasformato o dovesse trasformarsi, non dirò nella natura
divina, ma neanche nell'angelica. E {qual Cristiano}
avrebbe osato fare sopra qualsivoglia Principe Cristiano o no, fosse stato anche
molto più grande e formidabile e più despotico di Augusto, ed esso molto più adulatore e più vile di
tutti gli uomini di quel secolo, un distico simile a quello attribuito a Virgilio: Nocte pluit tota
*
ec.? Qual
Principe Cristiano sarebbesi fatto rappresentare cogli attributi non dirò
dell'Eterno Padre o del Figliuolo, ma d'un Angelo o di un Apostolo, come
gl'Imperatori, i loro parenti, i loro favoriti, si facevano scolpire, dipingere
ec., o erano dipinti e scolpiti per adulazione, non pur dopo morte, ma in vita,
cogli attributi e sotto la forma di Ercole, (anche una donna è nel Museo Vaticano rappresentata in
istatua sotto questa forma, cioè con clava, pelle di leone ec.) di Venere, di Mercurio e simili. Lascio i templi, gl'idoli ed altari
eretti a' viventi appo i Romani, con culto {sacrifizi}
e onori regolari e giornalieri al tutto divini, con flamine apposta
4078 destinato al particolar culto di quella divinità
ancor vivente (flamen augustalis ec.), le pene decretate ed eseguite contro i
bestemmiatori o violatori qualunque d'esse divinità morte o vive, come rei di
religione, non di politica, le accuse e giudizi contro gl'incolpati di tali
delitti ec. ec. Anche Alessandro si fece
passare per figlio di Giove Ammone, e
pare che da qualche parte del popolaccio fosse creduto, non solo de' barbari, ma
de' greci e macedoni, ed è ben verisimile, o certo egli usò questa finzione come
un mezzo politico per farsi rispettare e temere ec. e tenere in dovere ec. onde
mostra che egli giudicò dovergli essere creduto, e ciò dai greci principalmente
e dai macedoni, poichè i barbari non riconosceano gli stessi déi. V. in Luciano tra i Diall. de' Morti,
quello di Alessandro e Diogene, Alessandro e Filippo, Alessandro, Annibale, Scipione e Minosse.
(21. Aprile. 1824.). E certo la grecia allora non era
una sciocca nè meno illuminata che fosse Roma al tempo
degl'Imperatori. (21. Apr. 1824.).