Bologna. 1. Maggio. 1826. Festa dei SS Filippo e Giacomo. - 2. Maggio 1826.
[4177,3]
Poi che
s'accorse chiusa dalla spera Dell'amico
più bello.
*
Petrar. Son. 79. della 1. Parte:
In mezzo di duo amanti onesta,
altera.
*
Grecismo manifesto. Notisi che il Petrarca non sapeva il greco.
[4177,4] Transgredior, transgressus - transgresser.
[4177,5]
Réviser (rivedere): al detto altrove di avvisare ec. [pp. 2844-45].
[4177,6]
Frango is - nau-fragor
aris.
[4177,7]
Alla p. 4142.
Niente infatti nella natura annunzia l'infinito, l'esistenza di alcuna cosa
infinita. L'infinito è un parto della nostra immaginazione, della nostra
piccolezza ad un tempo e della nostra superbia. Noi abbiam veduto delle cose
inconcepibilmente maggiori di noi, del nostro mondo ec., delle forze
inconcepibilmente maggiori delle nostre, dei mondi maggiori del nostro ec. Ciò
non vuol dire che esse sieno grandi, ma che noi siamo minimi a rispetto loro. Or
quelle grandezze (sia d'intelligenza, sia di forza, sia d'estensione ec.) che
noi
4178 non possiamo concepire, noi le abbiam credute
infinite; quello che era incomparabilmente maggior di noi e delle cose nostre
che sono minime, noi l'abbiam creduto infinito; quasi che al di sopra di noi non
vi sia che l'infinito, questo solo non possa esser abbracciato dalla nostra
concettiva, questo solo possa essere maggior di noi. Ma l'infinito è un'idea, un
sogno, non una realtà: almeno niuna prova abbiamo noi dell'esistenza di esso,
neppur per analogia, e possiam dire di essere a un'infinita distanza dalla
cognizione e dalla dimostrazione di tale esistenza: si potrebbe anche disputare
non poco se l'infinito sia possibile (cosa che alcuni moderni hanno ben negato),
e se questa idea, figlia della nostra immaginazione, non sia contraddittoria in
se stessa, cioè falsa in metafisica. Certo secondo le leggi dell'esistenza che
noi possiamo conoscere, cioè quelle dedotte dalle cose esistenti che noi
conosciamo, o sappiamo che realmente esistono, l'infinito cioè una cosa senza
limiti, non può esistere, non sarebbe cosa ec. (Bologna 1. Maggio.
Festa dei SS. Filippo e Giacomo. 1826.). Pare che
solamente quello che non esiste, la negazione dell'essere, il niente, possa
essere senza limiti, e che l'infinito venga in sostanza a esserlo stesso che il
nulla. Pare soprattutto che l'individualità {dell'esistenza} importi naturalmente una qualsivoglia circoscrizione,
di modo che l'infinito non ammetta individualità e questi due termini sieno
contraddittorii; quindi non si possa supporre un ente individuo che non abbia
limiti. (2. Maggio 1826.). {{V. p. 4181.
e p. 4274. capoverso
ult.}}