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Recanati. 27. Marzo. 1827.

[4263,1]  Pennelleggiare. Tratteggiare.
[4263,2]  Alla p. 4249. fin. Il medesimo Chesterfield nota più volte come pregi distintivi e dei principali della letteratura nostra, e come di quelli che principalmente la possono far degna della curiosità degli stranieri, l'aver degli eccellenti storici, e delle eccellenti traduzioni dal latino e dal greco, mostrando poi di aver l'occhio particolarmente a quelle della Collana. Va bene il primo capo. Il secondo non può servire ad altro che a mostrar l'ignoranza grande dei forestieri circa le cose nostre. Perchè se la nostra letteratura è povera in alcuno articolo, lo è certamente in quel delle buone traduzioni dal latino e dal greco. Di quelle specialmente della Collana non ve n'è {appena} una che si possa leggere, quanto alla lingua e allo stile, e per se; e che non dica poi, almeno per la metà, il rovescio di quel che volle dire e disse l'autor greco e latino. Tutte le letterature (eccetto forse la tedesca da poco in qua) sono povere di traduzioni veramente buone: ma l'italiana in questo, se non si distingue dall'altre come più povera, non si distingue in modo alcuno. Solamente è vero che noi cominciammo ad aver traduzioni dal latino e dal greco classico (non buone, ma traduzioni semplicemente), molto  4264 prima di tutte le altre nazioni. Il che è naturale perchè anche risorse prima in Italia che altrove, la letteratura classica, e lo studio del vero latino, e del greco. E n'avemmo anche in gran copia. E queste furono forse le cagioni che produssero tra gli stranieri superficialmente acquainted with le cose nostre quella opinione, che ebbe tra gli altri il Chesterfield. {Scriveva il Chester. quelle cose circa il 1750: il Tradutt. ital. del Maff. furon pubblicati del 1720.} Nondimeno in quel medesimo tempo, {anzi alquanto innanzi,} avveniva al Maffei in Baviera, dov'ei si trovava, quel ch'egli scrive nella prefazione de' suoi Traduttori italiani ossia notizia de' Volgarizzamenti d'antichi scrittori latini e greci, che sono in luce indirizzata a una colta Signora, da lui frequentata colà. Vostro costume era d'antepor la * (lingua) francese alle altre, per l'avvantaggio di goder per essa gli antichi autori latini e greci, della lettura de' quali sommamente vi compiacete, avendogli traslatati i francesi. Qui io avea bel dire, che questo piacere potea conseguirsi ugualmente con l'italiana, e che già fin dal felice secolo del 1500 la maggior parte de' più ricercati antichi scrittori era stata in ottima volgar lingua presso di noi recata, che suscitandomisi contra tutti gli astanti, e gl'italiani prima degli altri, restava fermato, che solamente in francese queste traduzioni si avessero. * Ed ecco dagli stranieri {negato agl'italiani formalmente, e} trasferito alla letteratura francese quel medesimo pregio (e {circa} il medesimo tempo) che altri stranieri come il Chesterfield attribuivano alla italiana. Nella qual prefazione il Maffei afferma aver gl'Italiani tradotto prima, più, e meglio delle altre nazioni. * Per provar la qual proposizione, assunse di comporre, e compose quel suo catalogo dei nostri volgarizzatori. E quanto a me concedo {e credo vere} le due prime parti di essa proposizione, almen relativamente al tempo in cui il Maffei la scriveva. Concederò anche la terza, relativamente allo stesso tempo, purchè quel meglio delle altre, non escluda il male e il pessimamente assoluto. (Recanati. 27. Marzo. 1827.). {{V. p. 4304. fine.}}