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29. Mar. 1829.

[4474,7]  On n'a de prise sur les passions, que par les passions; c'est par leur empire qu'il faut combattre leur tyrannie, et c'est toujours de la nature elle-même qu'il faut tirer les instrumens propres à la régler. * ib. p. 46.
[4474,8]  Strascicare e strascinare sono certamente frequentativi corrotti di trahere.
[4475,1]   4475 Alla p. 4446. Verissima osservazione, siccome l'altra analoga, p. 4459., sopra i drammi. Ma tali memorie, leggende e canti, non possono trovarsi se non in popoli che abbiano attualmente una vita e un interesse nazionale; dico vita e interesse che risieda veramente nel popolo: e però non possono trovarsi se non che in istati democratici, o in istati di monarchie popolari {o semipopolari,} (come le antiche e del medio evo), o in istati di lotta nazionale con gente forestiera odiata popolarmente (come, al tempo del Cid, degli spagn. cogli arabi), o finalmente in istati di tirannie combattute al di dentro, (come nella Grecia moderna, e in più provincie ed epoche della Grecia antica e sue colonie). Ma nello stato in cui le nazioni d'europa sono ridotte dalla fine del 15.o secolo, stato di tranquilla monarchia assoluta, i popoli (fuorchè il greco) non hanno potuto nè possono avere di tali tradizioni e poesie. Le nazioni non hanno eroi; se ne avessero, questi non interesserebbero il popolo; e gli antichi che si avevano, sono stati dimenticati da' popoli, da che questi, divenendo stranieri alla cosa pubblica, sono anche divenuti stranieri alla propria storia. {+Se però si può chiamare lor propria una storia che non è di popoli ma di principi.} In fatti nessuna rimembranza eroica, nessuna affezione, perfetta ignoranza della storia nazionale, sì antica, sì ancora recentissima, ne' popoli della moderna europa. In siffatti stati, gli eroi delle leggende popolari non sono altri che santi o innamorati: argomenti, al più, di novelle, non di poemi o canti eroici, nè di tragedie eroiche.
[4475,2]  Quindi apparisce che il poema epico, {+anzi ancora il dramma nazionale eroico, di qualunque sorta, e sia classico o romantico,} è quasi impossibile alle letterature moderne. Il vizio notato da Nieb. nell'Eneide, è comune alle moderne epopee, al Goffredo particolarmente. Meglio, per questo capo, i Lusiadi; i cui fatti anco, benchè recentissimi, abbondavano di poetico popolare, per la gran lontananza, ch'equivale  4476 all'antichità, massime trattandosi di regioni oscure, e diversisime dalle nostrali. Meglio ancora l'Enriade, il cui protagonista vivea nella memoria del popolo, non veramente come eroe, ma come principe popolare.
[4476,1]  Oltracciò quelle tradizioni di cui parla Niebuhr, dubito che possano aver luogo se non in tempi di civiltà men che mezzana (come gli omerici, quei de' romani sotto i re, de' bardi, il medio evo); nei quali hanno credito i racconti maravigliosi che corrono dell'antichità, e il moderno diviene antico in poco tempo. Ma in giorni di civiltà provetta, come quei di Virgilio e i nostri, l'antico, per lo contrario, divien come moderno; ed anche tra il popolo non corrono altre leggee chnde quelle che narransi ai fanciulli, gli uomini non ne hanno più, non pur dell'eroiche, ma di sorta alcuna; e non v'hanno luogo altre poesie fondate in narrative popolari, se non del genere del Malmantile. (29. Mar. 1829.). {++ [p. 4476,3.]}