4. Apr. 1829.
[4482,2] Dal pensiero precedente apparisce (e l'esperienza lo prova)
che vera amicizia difficilmente può essere o durare tra giovani, malgrado il
candore, l'entusiasmo ec. proprio dell'età. {+E ve ne sono anche altre ragioni.} Più facile
{assai} l'amicizia tra un giovane e un vecchio o un
provetto. - L'odio verso i simili, {che essendo} di
ogni vivente verso ogni vivente, {è} maggiore verso
quei della specie, ancor nella specie {stessa è} tanto
maggiore, quanto un ti è più simile. - Hanno gli Ebrei in un loro libro di
sentenze e detti varii (che si dice tradotto di lingua arabica, ma
verisimilmente è pur di fattura ebraica) (Orell.
Opusc. graec. moral. t. 2.
Lips. 1821., praef. p. xv.), che non so
qual sapiente, dicendogli uno: io ti sono amico
*
, rispose: che potria fare che non mi fossi amico? che non sei nè della mia
religione, nè vicino mio, nè parente, nè uno che mi mantenga?
*
(sentent. 269. Apophthegm. Ebraeor. et
Arabum
{+ed. a Io. Drusio:}
Franequerae 1651.) - Quodam dicente, Amo te, Cur, inquit, me non amares? Non
enim es ejusdem mecum religionis, nec propinquus meus, nec vicinus, nec
ex iis, qui me alunt.
*
Orell.
ib. p. 506-7. (4. Apr.
1829.).