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18 Gen. 1821.

[523,3]  Molto acutamente Floro dice di Antonio il triumviro: Desciscit in regem: nam aliter salvus esse non potuit, nisi confugisset ad servitutem. * (IV. 3.) Ottimamente di un uomo corrotto e depravato come Antonio: non poteva essere se non signore o servo: libero e uguale agli  524 altri, non poteva. E così quasi tutti i Romani di quello e de' seguenti tempi: così la massima parte degli uomini d'oggidì. Non c'è altro stato che non convenga loro, fuorchè l'uguaglianza e la libertà. Non saprebbero se non regnare, o come fanno, servire. Ma servendo, sarebbero più adattati al regno che alla libertà. E tale è la natura degli uomini servi per carattere, e corrotti dall'incivilimento, spogli di virtù, di magnanimità, di entusiasmo, di sentimenti e passioni grandi {forti} e nobili, d'integrità, di coraggio, d'ingegno, {di eroismo, capacità di sacrifizi,} ec. ec. Tutte cose necessarie a mantenersi individualmente, e a mantenere relativamente e generalmente lo stato uguale e libero di un popolo. In chi domina l'egoismo, non può che servire o regnare. Così i nostri principi. Regnano, e saprebbero servire. {(Così i nostri magistrati, ministri, grandi. Regnano e servono. Sanno riunir l'una cosa all'altra. Le mettono effettivamente in opera ambedue.)} Ma come sarebbero capacissimi di servitù (e perciò appunto che regnano come fanno, e che son tali signori), così sarebbero incapaci di libertà e di uguaglianza. Questa non può nè convenire particolarmente, nè conservarsi in una nazione, senza le qualità e le forze della natura. Un uomo o una nazione snaturata, non può esser libera, nè  525 molto meno uguale: non può se non regnare o servire. La libertà richiede homines non mancipia, ἄνδρας καὶ οὐκ ἀνδράποδα, e chi è schiavo o dei padroni servendo, o di se stesso, dell'egoismo, e delle basse inclinazioni regnando, non può comportare lo stato libero, nè uguale. L'amor di se stesso è inseparabile dall'uomo. Questo lo porta ad innalzarsi. Dove l'innalzamento ec. in somma la soddisfazione dell'amor proprio è impossibile, quivi l'uomo non può vivere. Ora nello stato di perfetta libertà ed uguaglianza, l'individuo non fa progressi senza virtù e pregi veri, perchè la sua fortuna, gli onori, le ricchezze, i vantaggi ec. dipendono dalla moltitudine, la quale non potendo giudicare secondo gli affetti e inclinazioni particolari, perchè queste son varie e infinite, e non si accordano insieme, bisogna che giudichi secondo le regole e le opinioni universali, cioè le vere. Chi dunque manca di virtù e pregi veri (e tali sono gli uomini corrotti), non può sopportare la libertà e l'uguaglianza, nè trovar vita in questo stato. (18 Gen. 1821).