7. Maggio 1821.
[1019,2] Dalle osservazioni fatte da me pp. 963-66
pp. 970-73
pp. 1001-1003 sulla poca attitudine dei francesi a conoscere e
gustare le altre lingue, risulta che per lo contrario gl'italiani sono forse i
più atti del mondo al detto oggetto. E ciò stante la moltitudine, dirò così,
delle lingue che la loro lingua contiene (laddove la francese
1020 è unica); stante la sua copia, la sua ricchezza, la sua varietà;
stante la sua libertà singolare fra tutte le lingue colte, come ho detto altrove
pp. 343-45
p.
788, e inerente al suo carattere; stante la sua arrendevolezza, la
quale produce l'arrendevolezza del gusto e della facoltà conoscitiva rispetto a
quanto appartiene alle altre lingue; mentre l'arrendevolezza della propria
lingua, viene ad essere l'arrendevolezza e adattabilità dell'istrumento che
serve a conoscere e gustare le altre lingue. E ciò tanto più si deve dire
degl'italiani rispetto alle lingue antiche, massime la latina e la greca, sì per
la conformità d'indole ec. che hanno colla nostra; sì ancora perchè precisamente
le dette qualità sono comuni a queste lingue (e generalmente alle antiche {colte}) colla nostra. (7. Maggio
1821.).