1. Luglio 1821.
[1256,1]
1256 Se intorno alla bellezza umana, molte cose si
trovano nelle quali o tutti o quasi tutti gli uomini convengono, questo non è
giudizio, ma senso, inclinazione ec. ec. e non ha che fare col discorso astratto
e metafisico della bellezza. Le donne che Omero chiama βαϑύκολποι (Il. σ. (18.) v. 122. 339. ω. (24.) v. 215.
Hymn. in
Vener. 4. v. 258. quivi delle ninfe montane.) parranno a
tutto il mondo più belle delle contrarie. La cagione è manifesta, e non accade
dirla. Certo non è questa nè il tipo della bellezza, nè un'idea innata, nè un
giudizio, una ragione ec. I fanciulli staranno molto tempo ad avvedersi che
quella qualità che ho detto sia bellezza, e a far distinzione di beltà fra una
donna che l'abbia, e un'altra che ne sia priva. Nè solo i fanciulli, ma anche i
giovani mal pratici, e poco istruiti di certe cose, quantunque assuefatti a
vedere; i giovani modestamente educati ec.; del che interrogo la testimonianza
di molti. Le donne tarderanno assai più ad avvedersi di questa cosa, e non
concepiranno per lungo tempo nè giudizio nè senso di bellezza differente, fra
due donne ec. {{V.
p. 1313. fine.[p.
1315]}}
[1256,2] E tuttavia questa qualità ch'io dico, passa
1257 ben tosto nel bello ideale, e il poeta, {(come appunto Omero),} o il pittore che tira dalla sua mente (come dice Raffaello ch'egli faceva) l'idea di una
bellezza da rappresentare, non mancherà certo di concepire l'idea di una donna o
donzella βαϑύκολπος. E pur l'origine di questa idea sarà tutt'altra che il tipo
della bellezza, ed un giudizio o forma innata, {universale} e impressa dalla natura nella mente dell'uomo. Così facile è l'ingannarsi nel
giudicare delle idee che l'uomo ha circa il bello preteso assoluto. {V. p. 1339.} Similmente discorro
di altre simili qualità esteriori dell'uomo o della donna. {+Così della vivacità degli occhi, o di qualunque
espressione dell'anima che apparisca nel volto, il che però quando anche
tutti convengano che sia bellezza, non tutti però convengono nel preferirlo
alla languidezza, e anche alla melensaggine ec. Non so neppure se quelle
donne inglesi che si paragonano ai silfi, e si giudicano da molti sì belle,
{e si antepongono ec.} appartengano al numero
di quelle significate da Omero ne'
citati luoghi.}
[1257,1] Ed osservo, cosa manifesta per l'esperienza, che la
donna (ancor prima di essere suscettibile d'invidia per cagione della bellezza)
tarda molto più degli uomini a poter formare un giudizio fino e distinto circa
le forme esteriori del suo sesso, e non giunge mai a quella perfezione di
giudizio {e di gusto,} a cui gli uomini arrivano. Così
viceversa discorrete degli uomini rispetto al sesso loro. Intendo già in parità
di circostanze, e non di paragonare, per esempio, una donna molto riflessiva ec.
ec. a un uomo torpido, e poco o niente suscettibile ec. Giacchè in tal caso,
ognuno intende che quella tal
1258 donna ben facilmente
sarà miglior giudice delle forme del suo stesso sesso che questo tal uomo.
(1. Luglio 1821.).