7. Luglio 1821.
[1283,1]
Alla p. 1270.
Anche dopo fatta la meravigliosa analisi de' suoni articolati pronunziabili in
una intera favella, e concepito il portentoso disegno di esprimergli ad uno ad
uno e rappresentargli nella scrittura; e in somma trovato l'alfabeto; si dovè
provare tanta difficoltà nell'applicazione, quanta se ne prova sempre passando
dalla teorica alla pratica. Anzi si può dire in genere che lo scrivere una
lingua non mai stata scritta era lo stesso che applicar la teorica alla pratica.
Difficoltà, inconvenienti, disordini infiniti dovettero comparire nelle prime
scritture. Gli alfabeti, come tutte le cose umane, e massime così difficili e
sottili, durarono per lunghissimo tempo imperfetti. Cioè l'analisi dei suoni non
fu potuta fare perfettamente, se non dopo lunga serie di esperienze e
riflessioni. Non potè detta analisi arrivar subito ai suoni intieramente
elementari. Quindi segni inutili e soprabbondanti per una parte, mancanze di
segni necessarii per l'altra. {+Quindi
sistema peccante di poca semplicità e di troppa semplicità. Gli archeologi
possono facilmente vedere e notare, e notano i progressi dell'alfabeto sì
presso una medesima nazione, sì passando ad altre nazioni, come fece. Certo
è però che i primissimi alfabeti dovettero essere molto più imperfetti di
quegli stessi imperfettissimi e primi che conosciamo, e che essi dovettero
lungo tempo durare in quella o simile imperfezione, e quindi tanto più
contribuire ad alterare la lingua scritta, la lingua comunicata alle altre
nazioni e tempi ec.} Quante parole che si distinguevano ottimamente
nella pronunzia, si dovettero confondere nella scrittura. O si cercò allora di
distinguerle in modi arbitrarii, o lasciandole così indistinte, le proprietà, i
significati, le origini delle parole si
1284 vennero a
poco a poco a confondere. Nell'uno e nell'altro caso vedete quanto la necessaria
imperfezione delle prime scritture (e per prime intendo quelle di parecchi
secoli) debba aver nociuto alla perfetta conservazione delle primitive radici,
averle svisate di forma, confusine i significati ec. ec. Così discorrete degli
altri inconvenienti che derivarono dalle imperfezioni degli alfabeti, e degli
effetti che questi inconvenienti dovettero produrre sulle parole.
[1284,1] Ma anche senza considerare nei primitivi alfabeti, o
alfabeto, veruna imperfezione, ripeto che l'applicare le parole pronunziate ai
segni allora inventati, dovè necessariamente patire le stesse difficoltà, che si
patiscono nel discendere dalla teorica alla pratica. Osserviamo i fanciulli che
incominciano a scrivere, ancorchè sappiano ben leggere; ovvero gl'ignoranti che
sanno però ben formare tutte le lettere, e scrivono sotto la dettatura. Quanti
spropositi derivati dalla poca pratica che hanno di applicare quel tal segno a
quel tal suono, e di analizzare la parola che odono, risolvendola ne' suoni
elementari, per applicare a ciascun {suono elementare}
il suo segno. {+(Notate ch'essi adoprano
un alfabeto proprio fatto della lingua in cui scrivono, ed i segni propri e
distinti di quei suoni precisi che debbono rappresentare).} Appena
riescono essi a copiar bene, cioè trasferire non da suono a segno, ma da segno a
segno. Così i fanciulli principianti di scrittura, se hanno da scrivere sotto
dettatura, o scrivere senza esemplare sotto gli occhi, quelle parole che
pensano. {+Così anche gli uomini fatti, e
che sanno ben parlare, ma non avvezzi a scrivere {o
leggere,} ommettono, traslocano, cambiano, aggiungono tante
lettere, fanno la loro parola scritta così diversa dalla parlata,
ch'essi stessi si vergognerebbero di pronunziar la loro scrittura nel
modo in cui ella giace. Ma essi credono che corrisponda alla pronunzia.
V. p.
1659.} Lo scrittore che scrive
1285 traslatando nella carta le parole che la mente gli suggerisce,
scrive sotto la sua propria dettatura. Quanto dunque dovè tardare prima di
perfezionarsi nel rappresentare con segni ciascun suono che concepiva! E
gl'infiniti errori prodotti dalla necessaria imperizia de' primi scrittori,
dovettero perpetuarsi in gran parte nelle scritture, e confondere e guastare non
poche parole, le loro forme, i loro significati, {ec.}
{+(E ricordiamoci che le lingue antiche
ci sono pervenute per mezzo della sola scrittura.) Lascio il noto costume
{antico} di scrivere tutte le parole a distesa
senza nè intervalli nè distinzioni, punteggiature (di cui l'Ebraico manca
quasi affatto) ec. il che ognun vede quante confusioni e sbagli dovesse
produrre. Così dite degli altri inconvenienti della paleografia, gli effetti
de' quali nelle lingue colte ec. furono maggiori che non si pensa.} Lo
vediamo anche nei Codici scritti in tempi dove l'arte della scrittura era già di
gran lunga completa. Vediamo dico quanti errori, quante sviste perpetuate in
un'opera ec. dove suda la critica, e molte volte non arriva a correggerle, e
molte altre neppur se n'accorge ec. ec. {V.
p. 1318.}
{+Da tutte le quali cose apparisce che le
lingue primitive dalla sola applicazione alla semplice scrittura, senza
ancor punto di letteratura, dovettero inevitabilmente ricevere una somma
alterazione e sfigurazione, e travisamento.}
[1285,1] Incorporiamo queste osservazioni coi fatti. Pare che
le lingue orientali fossero le prime del mondo. Certo è che gli alfabeti
occidentali vennero dall'oriente, e quindi orientali
furono i primi alfabeti, e {orientale dovette essere}
il primo inventore dell'alfabeto. Ora gli alfabeti orientali mancano
originariamente de' segni delle vocali. Questo pare strano. Nell'analisi de'
suoni articolati pare a noi che le vocali, come elementi in realtà principali,
debbano essere i primi e più facili a trovarsi. Molti Critici vogliono
forzatamente ritrovar le vocali ne' primitivi alfabeti d'Oriente. Ma
consideriamo la cosa da filosofi, e vediamo quanto il giudizio nostro
1286 che siamo sì avvezzi e pratici dell'analisi de'
suoni articolati, fatta e perfetta da sì lungo tempo, differisca dal giudizio
del primo o dei primi, che senza alcuna guida e soccorso, concepirono questa
sottilissima e astrusissima operazione.
[1286,1] Benchè le vocali sieno i primi suoni che l'uomo
pronunzia, (anzi pure la bestia) e il fondamento di tutta e di tutte le favelle,
certo è peraltro, chi le considera acutamente, ch'elle sono suoni più sottili;
dirò così, più spirituali, più difficili a separarsi dal resto de' suoni, di
quello che sieno le consonanti. Noi chiamiamo così queste ultime, perch'elle non
si reggono da se, ed hanno bisogno delle vocali, ed i greci le chiamavano {similmente} σύμϕωνοι quasi convocali. Questo ci par che dovesse menare per mano al ritrovamento
immediato de' suoni vocali, nella ricerca de' suoni elementari; e questo per lo
contrario fu quello che impedì e dovette naturalmente impedire la prima analisi
della favella, di arrivare sino a questo punto. Le vocali furono considerate
come suoni inseparabili dagli altri suoni articolati; come suoni quasi
inarticolati; come parti inesprimibili della favella, parti sfuggevoli, e
incapaci d'esser fissate nella scrittura, e rappresentate separatamente col loro
segno individuale. Insomma l'analisi degli elementi delle parole, {la decomposizione della voce umana articolata} non
arrivò fino a questi sottili elementi, cioè fino alle vocali, e non si conobbe
che i suoni vocali fossero elementari, e
1287
divisibili {dagli altri;} e si considerarono come
sostanze semplici le consonanti il cui stesso nome presso noi dimostra ch'elle
sono sostanze composte, o bisognose della composizione{{, e
più composte insomma o meno semplici che le vocali.}}
{V. p. 2404.}
[1287,1] Le prime scritture pertanto mancando delle vocali,
somigliarono appunto a quelle che si fanno in parecchi metodi di stenografia: e
l'oriente continuò per lunga serie di secoli, a
scriver così, quasi stenograficamente. (E così credo che ancora continui in più
lingue.)
[1287,2] Notate che i primi alfabeti abbondarono de' segni
delle aspirazioni (frequentissime, e di suono marcatissimo nelle lingue
orientali come nello spagnuolo) i quali segni passarono poi ad esser vocali
negli alfabeti d'occidente, presi dallo stesso oriente.
{+E ciò per la naturale analogia
delle aspirazioni colle vocali, che pronunziate da se, non sono quasi altro
che aspirazioni.} Abbondarono pure de' segni delle consonanti
aspirate, distinti da' segni delle non aspirate: abbondanza non necessaria
quando v'erano i segni delle aspirazioni che potevano congiungersi a quelli
delle consonanti non aspirate dette tenui, e così denotare le consonanti
aspirate, come poi fecero i latini, ed anticamente i greci che scrivevano THEOΣ,
ΨYKHH o ΠΣYKHE ec. Ma questo è il naturale andamento dello spirito umano, {tutto} il cui progresso {tanto in
genere come in ispecie, vale a dire in qualsivoglia scienza o arte,}
consiste nell'avvicinarsi sempre più agli elementi delle cose e delle idee, e
nel conoscere che una cosa o un'idea fin allora dell'ultima semplicità
conosciuta, ne contiene un'altra più semplice.
{V. in questo proposito la p. 1235. principio.
}

[1288,1]
1288 Osserviamo ora le conseguenze di questa scrittura
quasi stenografica, cioè senza vocali, scrittura per sì lungo tempo comune
all'oriente, anche dopo l'intero perfezionamento
della loro arte di scrivere; e scrittura primitiva fra gli uomini. Osserviamo,
dico, le conseguenze che appartengono al nostro proposito, cioè alle alterazioni
portate dalla scrittura alle prime radici, ed alla perdita che ci ha cagionata
della perfetta cognizione di molte di loro ec.
[1288,2] Tutti gli eruditi sanno che delle vocali non bisogna
far molto calcolo nelle lingue e parole orientali, sia nello studiarle, sia nel
confrontarle con altre lingue e parole, nel cercarne le radici, le origini, le
proprietà, le regole ec. E che le vocali in dette lingue sono per lo più
variabilissime incertissime, e bisogna impazzire per ridurre sotto regole
(suddivise in infinito) quello che loro appartiene. Or come ciò? Questo è pur
contrario alla natura universale della favella umana, la cui {anima, la cui} parte principale e sostanziale sono le vocali. E ben
dovrebbero queste naturalmente esser meno variabili, e più regolate che le
consonanti. Ciò non si deve attribuire se non a quella imperfetta maniera di
scrivere che abbiamo accennata; (imperfezione derivata dall'esser quella
scrittura la prima del mondo ec.) e serve anche a dimostrare contro l'opinione
di alcuni critici, che i più antichi e primitivi alfabeti orientali mancarono
effettivamente de' segni delle vocali. Non è già che le vocali
1289 non formassero e non formino la sostanza delle
lingue orientali, come di tutte le altre più o meno. Formano la sostanza di
quelle lingue, ma non della loro gramatica, e ciò per la detta ragione. Anzi
molte lingue orientali, p. e. l'ebraica (e credo generalmente quasi tutte)
abbondano di vocali più che le nostre. La lingua ebraica ha 14 differenze di
vocali, nessuna delle quali è dittongo. Questa è la prima conseguenza ed effetto
della imperfezione di detta scrittura, sulla favella, e sull'indole delle lingue
che adoperavano detta scrittura.
[1289,1] Altro notabile {e
inevitabile} effetto, si è la confusione de' significati, delle
origini, delle proprietà ec. delle voci, scritte senza le vocali, nel qual
proposito v. quello che ho detto p. 1283.
fine - 84 principio. A tutti è noto quante parole della Scrittura
ebraica di diversissimo significato, e secondo che si stima, di diversissima
origine e radice, o che sono esse medesime, radici differentissime, scritte
senza vocali, sono perfettamente uguali fra loro, nè si possono distinguere se
non dal senso. Immaginate voi quanta confusione ciò debba aver prodotto e
produrre, quanti equivoci, quanti dubbi; quante parole che si credono bene
spiegate, e ben distinte coi punti vocali introdotti posteriormente, debbano in
realtà aver significato tutt'altra cosa, ed avere avuto nella pronunzia
tutt'altre vocali. Onde nel
1290 testo Ebraico
l'Ermeneutica trova bivi e trivi e quadrivi a ogni passo; e nella semplice
interpretazione letterale gli stessi odierni Giudei, gli stessi antichi Dottori
della nazione andarono e vanno le mille miglia lontani l'uno dall'altro. Vedete
quanti danni {recati} alla conservazione dell'antica
lingua, e alla cognizione {delle forme del senso ec.}
delle antiche parole, dalla maniera di scrivere che abbiam detto.
[1290,1] Ciò non basta. Avendo gli Orientali scritto per sì
lungo tempo senza vocali, ne deve seguire che la vera antichissima pronunzia
delle loro voci e lingue, in ordine ai suoni vocali, cioè alla parte primaria e
sostanziale della pronunzia, sia in grandissima parte perduta. La qual naturale
opinione si conferma dal vedere che molte, anzi quasi tutte le voci o i nomi
propri Ebraici passati anticamente ad altre lingue, si pronunziarono e si
pronunziano in ordine alle vocali, tutt'altrimenti da quello che si leggono
nella Scrittura Ebrea Masoretica, cioè fornita de' punti vocali, inventati
(secondo i migliori Critici) in bassissima età, {+come gli accenti e gli spiriti che furono aggiunti in
bassi secoli alla scrittura greca.} (Morery
[Grand
dictionnaire historique] conchiude sulla fede
del Calmet, del Prideaux, del Vossio, e degli altri più dotti, che detta invenzione fu verso il
nono secolo, e che per l'avanti nella scrittura Ebrea non v'era segno alcuno di vocali.) E notate primieramente, ch'io
dico in ordine alle vocali, giacchè
1291 quanto alle
consonanti la scrittura e la pronunzia delle parole e nomi Ebraici in altre
lingue, concorda generalmente con quella della Bibbia masoretica:
il che serve di prova al mio discorso, mostrando che detta diversità di
pronunzia nelle vocali, non deriva da corruzione sofferta da dette parole o nomi
nel passare ad altre lingue, ma dal differire effettivamente la pronunzia
masoretica cioè la moderna pronunzia ebraica, dalla pronunzia antica rispetto
alle vocali. E che tal differenza si deve attribuire alla imperfezione
dell'antica scrittura ebraica senza vocali ec. Secondariamente notate che
trattasi per lo più di nomi propri, i quali nel passare ad altre lingue,
sogliono naturalmente conservare la loro forma e pronunzia nazionale, meglio che
qualunque altro genere di voci. (7. Luglio 1821.).