22. Giugno 1820.
[130,1] In proposito di quello che ho detto p. 96. osservate come ragionevolmente
gli antichi usassero la musica e la danza nei conviti, e segnatamente dopo il
pranzo, come dice Omero nel primo dell'Odissea, e forse anche dove parla di Demodoco. L'uomo non è
mai più disposto che in quel punto ad essere infiammato dalla musica e dalla
bellezza, e da tutte le illusioni della vita.
[130,2] A quello che ho detto p. 128. aggiungi. Il giovane che entra nel mondo vuol
diventarci qualche cosa. Questo è un desiderio comune e certo di tutti. Ma
oggidì il giovane privato non ha altra strada a conseguirlo fuorchè quella che
ho detto, o l'altra della letteratura che rovina parimente il corpo. Così la
gloria d'oggidì è posta negli esercizi che nuocciono alla salute, in luogo che
una volta era posta nei contrarii. E così per conseguenza s'infiacchiscono
sempre più le generazioni degli uomini, e questo effetto della mancanza
d'illusioni esistenti nel mondo come
una volta, divien cagione di questa stessa mancanza, a motivo del poco vigore
secondo quello che ho detto negli altri pensieri, [p. 96]
[p. 115] della necessità del vigor del corpo alle grandi illusioni
dell'animo. Sono poi troppo noti gli spaventosi effetti della ordinaria vita
giovanile d'oggidì, che a poco a poco ridurranno il mondo a uno spedale. Ma che
rimedio ci trovereste? Che altra occupazione resta oggi a un giovane privato, o
che altra speranza? E credete che un giovane si possa contentare di una vita
inattiva,
131 senza nessuna vista, e nessuna aspettativa
fuorchè di un'eterna monotonia, e di una noia immutabile? Anticamente la vanità
era considerata come propria delle donne, perchè anche nelle donne c'è lo stesso
desiderio di distinguersi, e ordinariamente non ne hanno avuto altro mezzo che
quello della bellezza. Quindi il loro cultus sui,
*
il
quale diceva Celso che adimi feminis non potest.
*
Ora resta intorno alla
vanità la stessa opinione, che sia propria delle donne, ma a torto, perchè è
propria degli uomini quasi egualmente, essendo anche gli uomini ridotti alla
condizione appresso a poco delle femmine, rispetto alla maniera di figurare nel
mondo, e l'uomo vecchio per la massima parte, è divenuto inutile e spregevole, e
senza vita nè piaceri nè speranze, come la donna comunemente soleva e suol
divenire, che dopo aver fatto molto parlar di se, sopravvive alla sua fama
invecchiando. (22. Giugno 1820.).