3. Sett. 1821.
[1619,1] Io non credo che le mie osservazioni circa la
falsità d'ogni assoluto, debbano distruggere l'idea di Dio. Da che le cose sono,
par ch'elle debbano avere una ragion sufficiente di essere, e di essere in
questo lor modo; appunto perch'elle potevano non essere o esser tutt'altre, e
non sono punto necessarie. Ego sum qui sum
*
,
cioè ho in me la ragione di essere: grandi e notabili parole! Io concepisco
l'idea di Dio in questo modo. Può esservi una cagione universale di tutte le
cose che sono o ponno essere, e del loro modo di essere. - Ma la cagione di
questa cagione qual sarà? poich'egli non può esser necessario, come voi avete
dimostrato. - È vero che niente preesiste alle cose. {Non
preesiste dunque la necessità.} Ma pur preesiste la possibilità. Noi
non possiamo concepir nulla al di là della materia. Noi non possiamo {dunque} negare l'aseità, benchè neghiamo la necessità di essere. Dentro i limiti della
materia, e nell'ordine di cose che ci è noto,
1620 pare
a noi che nulla possa accadere senza ragion sufficiente; e che però quell'essere
che non ha in se stesso veruna ragione e quindi veruna necessità assoluta di
essere, debba averla fuor di se stesso. E quindi neghiamo che il mondo possa
essere, ed esser qual è, senza una cagione posta fuori di lui. Sin qui nella
materia. Usciti della materia ogni facoltà dell'intelletto si spegne. Noi
vediamo solamente che nulla è {assoluto nè quindi}
necessario. Ma appunto perchè nulla è assoluto, chi ci ha detto che le cose fuor
della materia non possano esser senza ragion sufficiente? Che quindi un Essere
onnipotente non possa sussister da se ab eterno, ed aver fatto tutte le cose,
bench'egli assolutamente parlando non sia necessario? Appunto perchè nulla è
vero nè falso assolutamente, non è egli tutto possibile, come abbiamo provato
altrove? [pp. 1339-42]
pp. 1461-64
pp. 1616-18
[1620,1] Io considero dunque Iddio, non come il migliore di
tutti gli esseri possibili, giacchè non si dà migliore nè peggiore assoluto, ma
come racchiudente in se stesso tutte le possibilità, ed esistente in tutti i
modi possibili. Questo
1621 è possibile. I suoi
rapporti verso gli uomini e verso le creature note, sono perfettamente convenienti
{ad essi;} sono dunque perfettamente buoni, e migliori
di quelli che vi hanno le altre creature, non assolutamente, ma perchè i
rapporti di queste sono meno perfettamente convenienti. Così resta in piedi
tutta la Religione, e l'infinita perfezion di Dio, che si nega come assoluta, si
afferma come relativa, e come perfezione nell'ordine di cose che noi conosciamo,
dove le qualità che Dio ha verso il mondo, sono relativamente a questo, buone e
perfette. {+E lo sono, tanto verso il
nostro ordine di cose universale, quanto verso i particolari ordini che in
esso si contengono, e secondo le loro differenze subalterne di
natura.} La quistione allora viene ad esser di parole.
[1621,1] Verso un altro ordine di cose Iddio può aver de'
rapporti affatto diversi, e anche contrari, ma perfettamente buoni in relazione
a detti ordini, perocch'egli esiste in tutti i modi possibili, e quindi
perfettamente conviene con tutte l'esistenze, e quindi è sostanzialmente e
perfettamente buono in tutti gli ordini di bontà, quantunque contrari fra loro,
perchè può esser buono in una maniera di essere, quel che è cattivo in un
altro.
[1622,1]
1622 Questo non solo non guasta nè muta l'idea che noi
abbiamo di Dio, ma anzi ella, se la considerassimo bene, comprende questa
nozione necessariamente. Come può egli essere infinito se non racchiude tutte le
possibilità? Come può egli essere infinitamente perfetto anzi pure perfetto,
s'egli non lo è se non in quel modo che per noi è perfezione? Sono o no
possibili altri ordini infiniti di cose, e altri modi di esistere? Dunque s'egli
è infinito, esiste in t̃ti[tutti] modi
possibili. Dipendeva o no dalla sua volontà il farci affatto diversi? e l'averci
fatto quali siamo? Dunque egli ha potuto e può fare altri ordini diversissimi di
cose, e aver con loro que' rapporti di quella natura che vuole. Altrimenti egli
non sarà l'autor della natura, e torneremo
per forza al sogno di Platone, che
suppone le idee e gli archetipi delle cose, fuori di Dio, e indipendenti da
esso. S'elle esistono in Dio, come dice S. Agostino, (v.
p. 1616.) e se Dio {le ha fatte,} non
abbraccia egli dunque quelle sole forme secondo cui ha fatto le cose che noi
conosciamo, ma tutte le forme possibili, e racchiude tutta la possibilità, e può
far cose
1623 di qualunque natura gli piaccia, ed aver con loro qualunque rapporto gli piaccia, anche
nessuno ec.
[1623,1] L'infinita possibilità che costituisce l'essenza di
Dio, è necessità. Da che le cose esistono, elle sono necessariamente possibili.
{+(Una sola {e
menoma} cosa che oggi esistesse basterebbe a dimostrare che la
possibilità è necessaria ed eterna.)} Se nessuna affermazione o
negazione è assolutamente vera, dunque tutte le cose e le affermazioni ec. sono
assolutamente possibili. Dunque l'infinita possibilità è l'unica cosa assoluta.
Ell'è necessaria, e preesiste alle cose. Quest'esistenza non l'ha che in Dio.
{+Quest'ultimo pensiero merita
sviluppo. V. la p. 1645. capoverso
1.}
(3. Sett. 1821.).