4. Agosto 1820.
[196,1]
Alla p. 164.
pensiero primo, aggiungi. Se tu vedi un fanciullo, una donna, un
vecchio affaticarsi impotentemente per qualche operazione in cui la loro
debolezza impedisca loro di riuscire, è impossibile che tu non ti muova a
compassione, e non proccuri, potendo, d'aiutarli. E se tu vedi che tu dai
incomodo {o dispiacere} ec. ad uno il quale soffre
senza poterlo impedire, sei di marmo, o di una irriflessione bestiale, se ti dà
il cuore di continuare.
[196,2] Anche gli uomini già sazi della lode, e persuasi della
loro fama che non guadagna per le espressioni particolari di questo o di quello,
sono sensibili alla lode che riguarda qualche pregio diverso da quelli per cui
sono famosi. E però, eccetto le persone avvezze a essere adulate in ogni cosa,
nessuno diviene indifferente alla lode in
197 genere, ma
alla lode di quelle tali sue qualità. Di più la lode più cara è spesso quella
che cade sopra una cosa nella quale tu desideri, ma dubiti o stimi di {non} esser lodevole, o che altri {non} ti abbia per tale.
[197,1] Dice Diogene Laerzio di Chilone che προσέταττε... ἰσχυρὸν ὄντα πρᾷον εἶναι ὅπως οἱ
πλησίον αἰδῶνται μᾶλλον ἢ ϕοβῶνται
*
. E questo precetto si
deve estendere, massimamente oggidì in tanta propagazione dell'egoismo, a tutti
i vantaggi particolari di cui l'individuo può godere. Perchè se tu sei bello non
ti resta altro mezzo per non essere odiosissimo agli uomini che un'affabilità
particolare, e come una certa noncuranza di te stesso, che plachi l'amor proprio
altrui offeso dall'avvantaggio che tu hai sopra di loro, o anche
dall'uguaglianza. Così se tu sei ricco, dotto, potente ec. Quanto maggiore è
l'avvantaggio che tu hai sopra gli altri, tanto più per fuggir l'odio, t'è
necessaria una maggiore amabilità, e quasi dimenticanza e disprezzo di te stesso
in faccia agli altri, perchè tu devi medicare una cagione d'odio che tu hai in
te stesso e che gli altri non hanno: una cagione assoluta, che ti fa odioso per
se sola, senza che tu sia nè ingiusto nè superbo nè ec. Ed era questa una cosa
notissima agli antichi, tanto persuasi della odiosità dei vantaggi individuali,
che ne credevano invidiosi gli stessi dei, e nella prosperità avevano cura
dell'invidiam deprecari tanto divina che umana, e
quindi un
198 seguito non interrotto di felicità li
rendeva paurosi di gravi sciagure. V. Frontone
de Bello Parthico.
(4. Agosto 1820.). {{v. p. 453. capoverso
ult.}}