22. Nov. 1821.
[2136,2]
{Alla p. 1120.
fine.} Il verbo aptare onde
il nostro attare, adattare,
e il francese ec. da che cosa deriva? da aptus. E
questo che cosa crediamo noi che sia? un participio del verbo antichissimo apere. E quale il significato primitivo di aptare? quello appunto del verbo apere, cioè legare. È cosa veramente
maravigliosa che questo significato ignoto a tutta la latinità scritta che noi
conosciamo, questo significato, dico, del verbo aptare, cioè legare, significato ch'egli ha
preso da un verbo
2137 originario apere, del quale non si trova più fatto uso in nessuno scrittore
latino per antichissimo che sia; questo significato, dico, così decisamente, e
singolarmente antico e primitivo, comparisca in uno scrittore di bassa latinità
qual è Ammiano, (V. il Forcell. in Aptatus fine), e si veda poi {tuttora} vivo, fiorente, preciso, e assolutamente
proprio in una lingua nata dalla corruzione della latina, cioè la spagnuola, nel
verbo atar (da aptare, come
escritura da scriptura
ec.) cioè legare, e desatar
cioè sciogliere. Significato appunto proprio del greco
ἅπτω. V. il Forcell. in Aptus, in Apte, in Apo, in Apex, ed anche nell'ult. esempio di Adaptatus. Ho cercato
l'Append.
e il Gloss. in tutti questi
luoghi, e in Atare, Attare ec. ma non hanno nulla. V. anche il Forcell.
in Coapt-, dove nulla il
Gloss.
nè l'Appendice. Chi
avesse qualche dubbio intorno a quelle testimonianze de' gramatici su cui si
fonda
2138 la cognizione che abbiamo dell'antichissimo
apere, e del significato legare di aptare, deve deporre ogni dubbio,
a vista dello spagnuolo atar, osservazione trionfante,
e veramente preziosa anche per la ricerca dell'antico volgare latino e delle sue
vicende.
[2138,1] Da ciò possiamo dedurre, 1. che molti verbi,
specialmente in tare, i quali si credono formati da
nomi adiettivi, derivano in realtà da participii, cioè essi nomi non sono che
participii d'antichissimi verbi ignoti. Così forse sarà di quel putus, da cui secondo Varrone ec. viene
putare, ed è una differente pronunzia di purus. {+Così di laxus
(onde laxare) di cui dice Forc.
De
notatione (etymologia) nihil certi
habemus.
*
Così abbiamo veduto di convexus ec. discorrendo di
vexare. Così diremo di spissus onde spissare. Così vedemmo di
arctus in arctare.
Così forse sarà di humectus onde humectare. V. Forc.
V. p. 2291.
{e 2341. capoverso
2.}}
{V. Forc.
Cautus, principio. Di arctus
v. p. 1144, di quietus
1992.}
[2138,2] 2. Noi troviamo apere, ed
aptus
come si vede in una infinità di es. nel Forcell. è un evidente participio di
un verbo significante alligare
connectere ec. Questo medesimo participio non è
primitivo, ma contratto (forse da apitus) come ho
mostrato altrove [pp. 1153-54]. Da questo
2139 participio ridotto ad aptus, è venuto
il verbo aptare, secondo gl'infiniti esempi che ho
addotti, e nella maniera e andamento che ho dimostrato circa la formazione de'
verbi in are da' participi in us di altri verbi.
[2139,1] Ora i greci nello stesso primitivo significato di
apere e di aptare,
dicono ἅπτειν, cioè insomma aptare col solo divario
della desinenza. Il Vossio nell'Etimologico deriva apo da ἅπτω.
(E Servio
aptus da ἅπτεσϑαι). Concederei se i Greci
dicessero ἅπω. Ma dicono ἅπτω e questo verbo per la forma (come pel significato
primitivo) è tutt'uno, non con apo ma con apto. Ora se questo apto
deriva evidentemente, e non senza andirivieni da apo,
sembra che quindi debba pur derivare il greco ἅπτω (e non apto dal greco), e per conseguenza che il verbo greco derivi dal
latino apto, ed abbia un'origine comune col latino,
cioè apo, e che questa origine sia latina, non
2140 greca. Giacchè non possiamo supporre un ἅπω greco,
donde sia derivato il greco ἅπτω, e il latino apo,
perchè oltre che di questo ἅπω non si ha vestigio alcuno, non ne sarebbe
derivato ἅπτω, non avendo i greci nè participio in us,
nè formazione di verbi da questi participii, come l'hanno i latini, che perciò
da aptus participio di apo
fecero apto. Se dunque il latino apo è anteriore al latino apto (e anteriore
di molto, giacchè il suo vecchio participio apitus,
dovè prima, come abbiamo veduto, convertirsi in aptus,
e poi generare il verbo aptare); e se il greco ἅπτω è
manifestamente tutt'uno con apto, per senso e per
materiali elementi, sembra necessario che apo sia
parimente anteriore al greco ἅπτω, e che questo, come apto, derivi da apo, il quale essendo
latino, viene esso verbo greco ad avere un'origine latina. {+Aggiungete che ἅπτω ha lo spirito denso, di cui nel lat.
apto non è verun vestigio, contro ciò che
suole accadere nelle voci venute dalla Grecia al Lazio, onde si può credere che quello spirito non sia qui che una
giunta fattaci da' greci, una grazia di pronunzia data da essi a questa voce
forestiera, secondo l'indole de' loro organi e costumi ec.}
[2140,1] Questa osservazione mi pare
2141 interessantissima e conducente a grandi risultati, (e in gran
parte nuovi e contrari alle comuni opinioni) circa la storia delle origini
latine e greche, delle lingue e delle nazioni greca e latina. Quest'osservazione
può confermare la sentenza che la lingua latina non sia figlia ma sorella della
greca, sentenza già d'altronde troppo più probabile: può dimostrare un
antichissimo commercio tra la grecia e l'italia,
anteriore alle notizie che si hanno di questi due paesi, e loro scambievoli
relazioni; giacchè questo ἅπτω in detto senso è antichissimo verbo greco, e
massime ne' suoi derivati (come ἁψίς vinculum
nell'Iliade) e composti, si trova nel detto
senso, o ne' sensi analoghi, usato da Omero, da Erodoto, e da' più
antichi scrittori e monumenti greci. {{V. p. 2277.}}
[2141,1] Nè questa osservazione sarebbe l'unica che facesse
al proposito, ma si potrebbero addurre molti altri esempi, e osservazioni,
dimostranti
2142 l'origine latina {(o italica)} di parole frasi
ec. antichissime, che per esser comuni al greco e al latino, si sono credute
finora d'origine greca; quasi tanto fosse il trovare nel greco una parola ec.
corrispondente a un'altra latina, e il trovare l'origine e l'etimologia d'essa
voce latina. Le mie teorie circa la formazione de' verbi continuativi, {+formazione tutta propria del latino, e
fino ab antichissimo, e di quindi in poi sino all'ultimo tempo, e niente
propria del greco,} possono somministrare molte occasioni di
rettificare questi scambi, e trasferire l'origine di molte parole dalla Grecia al
Lazio, viceversa di ciò che si crede.
[2142,1] Io ho per es. fatto vedere [pp. 1120-21]
che il verbo lat. stare, è verisimilissimamente un
puro continuativo di esse, formato nè più nè meno
colle solite regole di tali formazioni. Ora l'antichissima grecia ebbe
indubitatamente il verbo στάω o στῶ ch'è il tema del verbo ἵστημι, e moltissime
voci del quale si conservano in quest'ultimo. Nè pare ch'esso abbia che fare col
verbo sostantivo εἰμί, nè questo
2143 ha altri
participii che ὤν ed ἐσόμενος, nè quando pure ne avesse, o ne avesse avuto
alcuno analogo al suono del verbo στάω, questo sarebbe derivato da esso
participio, non avendo i greci tal uso di formazioni, come lo hanno i latini.
Quindi si può congetturare che il greco στάω sia derivato dallo sto latino (il quale viene, come io dico, da uno stus o situs di esse), e non questo da quello, come dicono tutti.
[2143,1] Il latino sisto è
parimente lo stesso che ἱστάω, o ἱστῶ (che pur si dice, in vece d'ἵστημι, ed è
il medesimo verbo) ed ha tutti due i significati di questo verbo cioè il neutro
corrispondente a stare, e l'attivo corrispondente a
statuere, o a retinere
ec. I quali due significati pare che fossero egualmente propri di στάω, che noi
deriviamo qui dal latino sto. Del resto sisto ha la s in luogo dello
spirito denso di ἱστῶ; qual
2144 però de' due sia
anteriore all'altro, se il greco o il latino, questo non si può decidere,
giacchè tutti due sono assolutamente una sola cosa, tanto essendo la s in latino (antico) quanto lo spirito denso in greco
(che anticamente usava esso stesso il σῖγμα in luogo d'esso spirito. [p.
1127]
[p.
1276]). {Onde i greci
antichissimi avranno anch'essi scritto o detto σιστῶ.} E quando anche
si voglia derivare sisto da ἱστῶ, ciò non prova che il
suo tema στῶ non venga dal latino, giacchè i greci (come tutti fanno, ma essi
soprattutti, per le loro circostanze, colonie, diffusione, varietà di dialetti
ec.) variarono in mille guise i temi ricevuti {antichissimamente} da qualunque parte si fosse; li variarono in se
stessi, e ne' loro derivati e composti, (come anche dissero στάω con una lettera
più di sto, sebbene per contrazione l'usarono più
comunemente nella forma analoga a στῶ); e poterono facilissimamente restituire
all'italia sotto forma alquanto diversa un tema preso da essa, cioè il
verbo sisto fatto da ἱστάω
derivato
2145 o alterato da στῶ, preso dallo sto latino. Ciò potè accadere nelle più recenti, o
meno antiche ed oscure relazioni, che in tempi per altro essi stessi
antichissimi ebbe la grecia coll'italia (come
sappiamo) e la lingua greca già, se non altro, adulta, colla latina per anche
rozza, o decaduta da qualche antichissima
perfezione, com'è più verisimile. Dico da una perfezione e forma
diversa da quella che poi ricevè a' tempi romani; da una perfezione derivante o
comune colla lingua madre di lei e della greca, o sia colla lingua di quel
popolo che diramò i suoi coloni in grecia e in italia.
(22. Nov. 1821.). {Or
quanto è egli ordinario nell'uso e di natura elementare nel discorso, e di
significazione naturalmente occorrente il verbo stare, e l'ἵστημι, o ἱστάω, ed ἵσταμαι, e il verbo sistere ec.! Per conseguenza fa duopo ch'egli sia
(come già vediamo) antichissimamente proprio di ambedue le lingue, o
antichissimamente passato dall'una nell'altra ec.}