3. Dic. 1821.
[2215,1]
Virtù presso i latini era sinonimo di valore, fortezza d'animo, e
anche s'applicava in senso di forza alle cose non
umane, o inanimate, come virtus Bacchi, cioè del
vino, virtus virium, ferri,
herbarum. V. onninamente il
Forcellini. Anche noi diciamo virtù per potenza, virtù del fuoco, dell'acqua, de'
medicamenti ec. V. la
Crusca. Virtù insomma
presso i latini non era propriamente
altro che fortitudo, applicata particolarmente
all'uomo, da vir. E anche dopo il grand'uso
2216 di questa parola presso i latini, tardò ella molto
a poter essere applicata alle virtù non forti non vive per gli effetti e la
natura loro, alla pazienza (quella che oggi costuma), alla mansuetudine, alla
compassione ec. Qualità che gli scrittori latini cristiani chiamarono virtutes, non si potrebbero nemmen oggi chiamar così
volendo scrivere in buon latino, benchè virtù elle si
chiamino nelle sue lingue figlie, e con nomi equivalenti nelle altre moderne. Di
ἀρετή (da ἄρης) V. i Lessici, e gli etimografi: sebbene la sua etimologia,
perchè parola più antica, o più anticamente frequentata dagli scrittori, sia più
scura. E così credo che in tutte le lingue la parola significativa di virtù, non abbia mai originariamente significato altro
che forza, vigore, (o
d'anima o di corpo, o d'ambedue, o confusamente dell'una e dell'altro, ma certo
prima e più di
2217 questo che di quella). Tanto è vero
che l'uomo primitivo, e l'antichità, non riconosce e non riconobbe altra virtù,
altra perfezione nell'uomo e nelle cose, fuorchè il vigore e la forza, o certo
non ne riconobbe nessuna che fosse scompagnata da queste qualità, e che non
avesse in elle la sua essenza, e carattere {principale,} e forma di essere, e la ragione di esser virtù e
perfezioni. (3. Dic. 1821.).