30. Dic. 1821.
[2306,1]
Alla p. 1283.
principio. Io sospetto di aver trovato effettivamente questa radice
hil nell'antichissimo latino. Osservate. Nihilum, è quasi
ne
hilum, dice il Forc. e seco gli etimologi. {V. anche il
Forcell. in Per
hilum.} E non v'è
questione perocchè Lucrezio dice neque hilo ec. rompendo il composto, in vece di nihiloque, come solevano gli antichi latini, massime i
poeti, (come Plauto
disque trahere per et
distrahere) e questi anche a' buoni secoli: e così i greci. Nè solo
Lucrezio ma altri che v. nel
2307
Forc. in Hilum. Della particella privativa ne
(cambiata nella composizione in ni) v. il Forcell. in ne, e in nego.
Potrebbe anche essere un nec, come necopinans ec. significa non
opinante ec. e il nec non è che particella
privativa come l'ἀ dei greci. V. anche
lo Scapula in νή, particella
parimente privativa nell'antichissimo greco, del che v. pure Helladii
Besantinoi
Chrestomathia, colle note del Meursio.
[2307,1] (Nel qual proposito osservo di passaggio. La n è radicale e caratteristica della negativa in
latino, e così pure per conseguenza in italiano. Quindi non, ne, nec, neque
{[v. il
Forcell.]}
nihil, nil, nemo, nullus cioè non
ullus come pure si dice, nego, nefas, nequam,
nepus cioè non purus, nolo, {nequeo, nequicquam, nedum,} nequaquam ec. de'
quali v. il Forcell. ed
osserva la forza {e l'uso} della particella ne in composizione. Non così nel linguaggio
greco dei buoni secoli. Giacchè οὐ, οὐχ, οὐκ, μή, ἀ- ec. non hanno n.
2308 Eppure
nell'antichissimo greco è chiaro per le sullodate testimonianze, e per l'uso di
Omero ec. che la ν avea forza di negazione, privazione, ec. Ecco
un'altra prova e della fraternità antichissima delle dette due lingue, e
dell'esser forse qualche cosa passata piuttosto dal latino nel greco, che
viceversa; o certo dell'avere la lingua latina conservate assai più della greca
le sue antichissime ed originarie proprietà. E notate che trattandosi della
caratteristica negativa, si tratta di cosa primitiva affatto, e di primissima
necessità in qualunque lingua.)
[2308,1]
Nihilum pertanto è ne hilum,
come nemo, ne homo, e v. il luogo di Varrone nel Forcell. in Nequam.
[2308,2] Che cosa significasse questo hilum, antichissima voce latina, non sanno affermarlo i gramatici.
Putant esse,
*
dice Festo, quod
2309 grano fabae adhęret.
*
Dunque egli
non sa propriamente che significhi, nè si sapeva al suo tempo. Ed è cosa ben
naturale quando tante parole di Dante e
d'altri trecentisti o duecentisti (meno lontani da noi, che le origini della
lingua latina da Festo) sono o di
oscurissima e incertissima, o di perduta significazione.
[2309,1] Io credo che esso non significhi altro che materia, o cosa esistente
(che per li primitivi uomini non poteva essere immaginata se non dentro la
materia, ed estendi questo pensiero.). E penso che sia nè più nè meno l'ὕλη dei
greci, ossia quell'antichissimo hilh, o hulh che abbiamo detto.
[2309,2] Vogliono che nihil sia
troncamento di nihilum. Al contrario a me pare che nihilum sia parola {così}
ridotta da nihil, perchè divenisse capace di
declinazione. Che troncamento barbaro sarebbe stato questo, e quanto contrario
al costume latino, se da nihilum primitivo, avessero
fatto nihil! e non piuttosto viceversa,
2310 che è naturalissimo. Addolcendosi la favella
(massime quelle del gusto meridionale, del gusto della latina) non si troncano,
anzi si aggiungono appunto allora le terminazioni, e si proccura inoltre di
render declinabili, cioè modificabili secondo le diverse occorrenze del
discorso, le voci che già esistono; e non per lo contrario. Indubitatamente per
tanto non nihil da nihilum,
ma questo viene da quello. Si dice parimente nil
contrazione di nihil, (fatto più volte monosillabo da
Lucrezio) ma nilum per nil si trova in Lucrezio appena una volta, e chi sa s'è vero, e che
non sia errore in vece di nihilum dissillabo. In ogni
modo è costante presso il più sciocco etimologo che le terminazioni non vanno
calcolate, ed è chiaro che le sole radicali di nihilum, i, o, ec.
sono nihil{{; di hilum, hil. E di questo
secondo, la cosa è}} tanto più manifesta, quanto che abbiamo appunto da
esso, nihil e nil, senza la
terminazione declinabile.
[2310,1] Eccoci dunque con questo hil nudo e manifesto nelle mani, e se attenderete alle
2311 cose dette di sopra, e se avrete niente di spirito
filosofico, vedrete quanto sia naturale e probabile che siccome ne homo cioè nemo, vuol dire
nessuna persona, così ne
hil cioè nihil volesse dire primitivamente
nessuna materia, cioè nessuna
cosa (v. p. 2309. mezzo, e
i miei vari pensieri [pp. 601-602]
[p.1262]
pp. 1388-91
[pp. 1657-58] sulla necessaria e somma materialità di tutte le
primitive lingue, e di tutte le primitive idee umane, anzi non pur delle
primitive, ma di tutte le idee madri ed elementari); ovvero non materia, non cosa, cioè insomma, e formalmente ed espressamente,
nulla. (così i greci οὐδέν neque unum ec. non quidquam, μηδέν, οὔτι,
μήτι ec.)
[2311,1] Non vi par ella naturalissima questa etimologia? Non
vi par dunque probabilissimo che l'antico e quasi ignoto hilum volesse dir materia, e fosse tutt'una
radice con ὕλη, e silva adoprata pur essa in senso di
materia? Non è chiaro che l'um in hilum non è radicale, ma declinabile
ec. e per conseguenza la radice è solamente hil,
massime che da hilum abbiamo nihil e nil, parole inverisimili,
2312 e strane e mostruose se fossero un'apocope ec? Non
abbiamo dunque probabilmente trovato in realtà nell'antichissimo latino la
semplicissima radice di silva di ὕλη ec?
[2312,1] Osservate che in questo caso si renderebbe
verisimile che il primitivo e proprio senso di ὕλη silva ec. fra quelli ch'essi realmente hanno, fosse quello di
materia.
[2312,2] Non so se possa fare al caso l'osservare che noi
diciamo filo per nulla, il
che potrebbe derivare non da filum, ma da hilum, mutato l'h in f, come viceversa gli spagnuoli, onde appunto per filum dicono hilo. E
ricordati di quanto ho detto [p. 1127] circa l'antica proprietà
della f, cioè di essere aspirazione. Del resto v. la Crusca, il Glossar. i Dizionari
francesi e spagnoli ec. e il Forc. in filum, se avesse
nulla. (30. Dic. 1821.)