21. Maggio 1823.
[2709,1] Paragonando la filosofia antica colla moderna, si
trova che questa è tanto superiore a quella, principalmente perchè i filosofi
antichi volevano tutti insegnare e fabbricare: laddove la filosofia moderna non
fa ordinariamente altro che disingannare e atterrare. Il che se gli antichi tal
volta facevano, niuno però era che in questo caso non istimasse suo debito e suo
interesse il sostituire {#1. V. p.
3469.} Così fecero anche nella {prima} restaurazione della filosofia Cartesio e Newton. Ma i filosofi
2710 moderni, sempre
togliendo, niente sostituiscono. E questo è il vero modo di filosofare, non già,
come si dice, perchè la debolezza del nostro intelletto c'impedisce di trovare
il vero positivo, ma perchè in effetto la cognizione del vero non è altro che lo
spogliarsi degli errori, e sapientissimo è quello che sa vedere le cose che gli
stanno davanti agli occhi, senza prestar loro le qualità ch'esse non hanno. La
natura ci sta tutta spiegata davanti, nuda ed aperta. Per ben conoscerla non è
bisogno alzare alcun velo che la cuopra: è bisogno rimuovere gl'impedimenti e le
alterazioni che sono nei nostri occhi e nel nostro intelletto; e queste,
fabbricateci e cagionateci da noi col nostro raziocinio. Quindi è che i più
semplici più sanno: che la semplicità, come dice un filosofo tedesco, (Wieland
[Storia del saggio
Danischmend]) è sottilissima, che i fanciulli e i selvaggi più
vergini vincono di sapienza le persone più addottrinate: cioè più mescolate di
elementi stranieri al loro intelletto.
2711 Di qui si
conferma quel mio principio che la sommità della sapienza consiste nel conoscere
la sua propria inutilità pp. 448-50
pp.
491-94
pp. 2668-69, e come gli uomini sarebbero {già} sapientissimi s'ella mai non fosse nata: e la sua maggiore
utilità, {+o per lo meno il suo primo e
proprio scopo,} nel ricondurre {l'intelletto
umano} (s'è possibile) {appresso a poco} a
quello stato in cui era prima del di lei nascimento. E quello ch'io dico qui
dell'intelletto, dico altrove, e qui ridico, anche per rispetto alla vita, e a
tutto quello che appartiene all'uomo, e che ha qualsivoglia relazione colla
sapienza. (21. Maggio 1823.).