5. Dec. 1823.
[3940,2] Che titillo, come altrove
dico p. 2811,
{Puoi vedere la p. 3986.}
sia duplicazione (nata nel Lazio, o fatta p. e. dagli
Eoli o da altro greco dialetto, o propria dell'antica lingua madre del latino e
del greco, o dell'antico greco comune ec. ec.) del greco τίλλω, fatta all'uso
greco, lo conferma l'osservare che la vocale di tal duplicazione cioè l'i è quella appunto che il greco usa in tali
duplicazioni, come in τιτρώσκω ec. {#1.
V. p. 3979.} Laddove
nell'altre duplicazioni latine, come in dedi, cecidi ec. la vocale della duplicazione è la e. E questo ancora è all'uso greco, che nella
duplicazione de' perfetti usa la ε. E notisi che come questa, così quella e è breve, fuorchè in cecīdi
che molti scrivono caecidi, dove forse non sarà breve
per distinguerlo da cecĭdi. Del resto
3941 tal uso affatto conforme al greco ha luogo in
molti verbi latini che non hanno a far niente con alcuna voce greca nota, ed è
un uso antichissimo nel latino, e non introdottovi da' letterati. Il che
conferma l'antica conformità dell'origine, e fratellanza tra il greco e latino.
Dalla quale origine dovette venir quest'uso nell'una e nell'altra lingua, in
quella più conservato e steso, in questa meno, e sì può dire, perduto, se non in
certe voci determinate, di cui si conservò sempre la forma antica, senza però
mai applicar tal forma ad altri verbi, o a' verbi di mano in mano introducentisi
da quegli antichissimi tempi in poi. ec. Tal uso trovasi ancora nella lingua
sascrita, come negli Annali di
Scienze e lettere di Milano, altrove
citati in proposito d'essa lingua ec. p. 929
(5. Dec. 1823.).
