Bologna. 1. Dec. 1825.
[4155,2]
Ἕστηκεν i. e. ἐστίν. Odyss. ρ. 439. περὶ κακὰ πάντοϑεν
ἔστη.
*
Chariton L. 3 c. 5. p. 51. 10. τότε γὰρ ἔτι χειμὼν
ἑστήκει
*
, ubi vid. Dorvillium, qui ostendit hoc ve saepe pro εἰμί cum emphasi
adhiberi, ut stare apud Latinos p. 303. Sic Horat. L. 2. od. 9. 5. Nec stat glacies iners Menses per
omnes.
*
Cfr. ibi Mitscherlich (interprete ossia commentatore di Orazio). {{Liebel, loc.
cit. qui sopra.}}
[4155,3]
Mercari, it. mercare - mercatare, (spagn. se non fallo, mercatar) onde mercatante particip.
sostantivato, e quindi mercatantare, mercatanzia ec. {{e mercadante ec.}}
[4156,1]
4156
Sfallare, sfalsare, sfallire, aggiungansi al mio discorso [p. 3488]
[p. 3772] sopra falsare
{ec.}
[4156,2]
Calcagna.
[4156,3]
Sorbillo as. V. Forc.
[4156,4]
Frega - fregola.
[4156,5] ᾽Aλλ᾽ ἄνα per ma su,
coraggio. Omero
Il. I. v. 247. Odyss. σ. 13. ῎Ανα
*
(Su) δυσδαίμων[δύσδαιμον]
πεδόϑεν κεϕαλὴν ἐπάειρε.
*
Eurip. in Troasi, v. 98. (Liebel, l. sup. cit. p.
105. fragm. 32.) - Su, orsù ec.
[4156,6]
᾽Eπειδὴ Zεὺς πατὴρ ᾽Oλυμπίων ᾽Eκ μεσημβρίας ἔϑηκε
*
(fece) νυκτ᾽, ἀποκρύψας ϕάος ῾Hλίου λάμποντος
*
.
Archiloch. ap. Stob. serm. CIΧ. περὶ ἐλπίδος, ap. Liebel. fragm. 31. p. 100.,
loc. sup. {cit.}
[4156,7]
Καρδίης πλέως
*
, dice Archiloco (fragm.
34. p. 110. loc. sup. cit. ap. Galen.
Dion. Schol. Theocr. ec.) che dev'essere un Generale, e
noi diremmo, pien di cuore. Italianismo. V. i
Lessici.
[4156,8] Dolore antico. Era frase usitata per esprimere le
sventure ec. il dire che il tale giaceva in terra,
cioè si voltolava tra la polvere, e Archiloco (ap. Stob. serm. 20. περὶ ὀργῆς, fragm. 32. p. 103. loc. sup. cit.) dice: καὶ μήτε νικῶν ἀμϕάδην
*
(ϕανερῶς) ἀγάλλεο, Mηδὲ
νικηϑεὶς ἐν οἴκῳ καταπεσὼν ὀδύρεο
*
. Aristofane, Nub. v. 126. ᾽Aλλ᾽ οὐδ᾽ ἐγὼ μέντοι πεσών γε κείσομαι
*
i.e.
ἀϑυμήσω (Liebel, loc. sup. cit.
p. 106. ad fragm. 32.)
Archiloco medesimo (fragm.
33. p. 107. ap. Stob.
serm. 103.) volendo dire uomini sventurati e calamitosi, dice: ῎Ανδρας μελαίνῃ κειμένους ἐπὶ
χθονί
*
. Presso Omero (Iliade σ. 26.) Achille udita la morte di Patroclo si gitta in terra, e così Priamo per quella di Ettore; ed Ecuba (nell'Ecuba di Sofocle o di Eurip. v. 486. 496.) sta prostesa in terra piangendo le
sventure sue e dei suoi, e Sisigambe
madre di Dario, udita la morte di Alessandro, si gittò in terra. Curt. X. 5.
{{V. p.
4243.}}
[4157,1]
4157
῎Αλλ᾽ ἔνι λόγος
*
(ratio
docet) καὶ σὺν
τούτοις
*
(con tutto questo, ciò non ostante, con questo)
παρίστασϑαι τῷ φίλῳ καὶ πατρίδι
συγκινδυνεύειν
*
. Epictet.
Enchirid. c. 39.
{{+ Vedi qui sotto [p. 4157,3].}}
[4157,2]
Roma, la
prima e più potente città che sia stata al mondo, è stata anche l'unica
destinata e quasi condannata a ubbidire a signori stranieri regolarmente, e non
per conquista nè per alcuno accidente straordinario. Ciò negli antichi tempi,
sotto gl'Impp. (Traiano, Massimino ec. ec.), e ciò di nuovo ne'
moderni sotto i Papi (moltissimi dei quali furono non italiani), e l'una e
l'altra volta ciò passò in costumanza ed ordine fondamentale dello Stato, cioè
che il Principe di Roma potesse essere non romano e non italiano. Così la prima città
del mondo, e così l'Italia, prima provincia del mondo, pare per una strana contraddizione
e capriccio della fortuna essere stata (nel tempo medesimo del maggior fiorire
del suo impero, sì del temporale e sì dello spirituale) condannata a differenza
di tutte le altre ad una legittima e pacifica e non cruenta schiavitù, e quasi
conquista. (Bologna 1. Dec. 1825.).