Recanati. 15. Dic. 1826.
[4234,1]
4234 ᾽Eλέvη cambiata in Σελήνη nei primi secoli della
nostra era. V. Maffei
Arte magica annichilata lib. 3. cap.
5. §. 3 opp. ed. del Rubbi t. 2.
p. 204.
[4234,2] Uso di porre il g avanti
la n (come in cognoso[cognosco], agnosco, agnatus, da nosco e natus), del quale in
questi pensieri altrove [p. 3695]
[pp. 3727-28]
pp. 3754-55. V. Maffei
Appendice all'Arte magica annichilata,
opp. ed. del Rubbi, vol. 2. p.
320.
[4234,3] Quanta fosse fin nel principio del secolo addietro
la fama della letteratura italiana, e lo studio che vi mettevano gli stranieri
si può conoscere anche da questo fatto, poco noto oggidì, che come nel fine di
detto secolo si pubblicò in Ginevra
il famoso Giornale della Bibliothèque britannique, espressamente per far conoscere
e tenere al corrente l'europa, dei progressi ec.
della letteratura inglese, così nel principio di esso secolo, usciva a Ginevra
altresì, un Giornale intitolato Bibliothèque italique, ou histoire littéraire de
l'Italie, il quale aveva lo stesso scopo, rispetto
all'Italia. Di tanto ancora era stimata degna la nostra letteratura. V. le opp. del Maffei ed. del Rubbi vol. 4. p. 7. {segg.} dove questo Giornale è chiamato un'opera che
nacque in Francia con
sommo credito, perchè composta da sette sapienti
*
,
e se ne citano gli estratti della Verona
illustrata presi dal tomo 15. 16. e 17. di esso giornale; e
il tomo 21. p. 8. dove si cita l'anno 1728. del medesimo Giornale.
{{V. p. 4264. fin.}}
[4234,4]
Alla p. 4216.
marg. Così il Maffei
intitolò Storia diplomatica, o piuttosto, come voleva
egli, Storia de'
Diplomi
(v. le sue opp. ed. del Rubbi, t. 21. p. 7. fin.),
la sua opera contenente la scienza o notizia de' diplomi.
[4234,5] La poesia, quanto a' generi, non ha in sostanza che
tre vere e grandi divisioni: lirico, epico e drammatico. Il lirico, primogenito
di tutti; proprio di ogni nazione anche selvaggia; più nobile e più poetico d'ogni altro; vera {e pura} poesia in tutta la sua estensione; proprio
d'ogni uomo anche incolto, che cerca di ricrearsi o di consolarsi col canto, e
colle parole misurate in qualunque modo, e coll'armonia; espressione libera e
schietta di qualunque affetto vivo e ben sentito dell'uomo. L'epico nacque dopo
questo e da questo; non è in certo modo che un'amplificazione del lirico, o
vogliam dire il genere lirico che tra gli altri suoi mezzi e subbietti ha
assunta
4235 principalmente e scelta la narrazione,
poeticamente modificata. Il poema epico si cantava anch'esso sulla lira o con
musica, per le vie, al popolo, come i primi poemi lirici. Esso non è che un inno
in onor degli {eroi o delle nazioni o eserciti;}
solamente un inno prolungato. Però anch'esso è proprio d'ogni nazione anche
incolta e selvaggia, massime se guerriera. E veggonsi i canti di selvaggi in
gran parte, e quelli ancora de' bardi, partecipar tanto dell'epico e del lirico,
che non si saprebbe a qual de' due generi attribuirli. Ma essi son veramente
dell'uno e dell'altro insieme; sono inni lunghi e circostanziati, di materia
guerriera per lo più; sono poemi epici indicanti il primordio, la prima natività
dell'epica dalla lirica, individui del genere epico nascente, e separantesi, ma
non separato ancora dal lirico. Il drammatico è ultimo dei tre generi, di tempo
e di nobiltà. Esso non è un'ispirazione, ma un'invenzione; figlio della civiltà,
non della natura; poesia per convenzione e per volontà degli autori suoi, più
che per la essenza sua. La natura insegna, è vero, a contraffar la voce, le
parole, i gesti, gli atti di qualche persona; e fa che tale imitazione, ben
fatta, rechi piacere: ma essa non insegna a farla in dialogo, molto meno con
regola e con misura, anzi n'esclude la misura affatto, n'esclude affatto
l'armonia; giacchè il pregio {e il diletto} di tali
imitazioni consiste tutto nella precisa rappresentazion della cosa imitata, di
modo ch'ella sia posta sotto i sensi, e paia vederla o udirla. Il che anzi è
amico della irregolarità e disarmonia, perchè appunto è amico della verità, che
non è armonica. Oltre che la natura propone per lo più a tali imitazioni i
soggetti più disusati, fuor di regola, le bizzarrie, i ridicoli, le stravaganze,
i difetti. E tali imitazioni {naturali} poi, non sono
mai d'un avvenimento, ma d'un'azione semplicissima, voglio dir d'un atto, senza
parti, senza cagioni, mezzo, conseguenze; considerato in se solo, e per suo solo
rispetto. Dalle quali cose è manifesto che la imitazion suggerita dalla natura,
è per essenza, del tutto differente dalla drammatica. Il dramma non è proprio
delle nazioni incolte. Esso è uno spettacolo, un figlio della civiltà e
dell'ozio, un trovato
4236 di persone oziose, che
vogliono passare il tempo, in somma un trattenimento dell'ozio, inventato, come
tanti e tanti altri, nel seno della civiltà, dall'ingegno dell'uomo, non
ispirato dalla natura, ma diretto a procacciar sollazzo a se e agli altri, e
onor sociale o utilità a se medesimo. Trattenimento liberale bensì e degno; ma
non prodotto della natura vergine e pura, come è la lirica, che è sua legittima
figlia, e l'epica, che è sua vera nepote. - Gli altri che si chiamano generi di
poesia, si possono tutti ridurre a questi tre capi, o non sono generi distinti
per poesia, ma per metro o cosa tale estrinseca. L'elegiaco è nome di metro.
Ogni suo soggetto usitato appartiene di sua natura alla lirica; come i subbietti
lugubri, che furono spessissimo trattati dai greci {lirici,} massime antichi, in versi lirici, nei componimenti al tutto
lirici, detti θρῆνοι, {+quali furon
quelli di Simonide, assai
celebrato in tal maniera di componimenti, e quelli di Pindaro: forse anche μονῳδίαι, come quelle che di
Saffo ricorda Suida.} Il satirico è in parte lirico,
se passionato, come l'archilocheo; in parte comico. Il didascalico, per quel che ha di vera
poesia, è lirico o epico; dove è semplicemente precettivo, non ha di poesia che
il linguaggio, {il modo} e i gesti per dir così. {ec.}
(Recanati. 15. Dic. 1826.).