1. Feb. 1821.
[595,1] Quella frase o metafora nostra volgarissima e
familiare di cuocere per molestare, travagliare, tormentare, e affligger
l'animo (così la Crusca v. Cuocere
§. 3.), fu parimente presso i latini nel verbo coquere, e ciò anche ne' più antichi.
*
Ennio presso Cic. (Cato maior seu de
Senect. c. 1.) Il Forcellini ne porta anche altri due esempi, l'uno di Virgilio, l'altro di Stazio. L'Appendice nulla.
O Tite, si quid ego adiuvero, curamque levasso,
Quae nunc te coquit, et versat in pectore
fixa,
Ecquid erit pretii?
[595,2]
᾽Αμαϑία μὲν ϑράσος,
λογισμὸς δ᾽ ὄκνον ϕέρει.
*
L'ignoranza fa l'uomo pronto,
596 la considerazione ritenuto; L'ignoranza fa che
l'uomo si risolva facilmente, la ragione difficilmente. In
latino traducono così: Inscitia
quidem audaciam, consideratio autem tarditatem fert.
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Sentenza di Tucidide, lib. 2.
nell'orazione funebre detta da Pericle, che incomincia, οἱ μὲν πολλοὶ τῶν
ἐνϑάδε ἤδη εἰρηκότων
*
. Sentenza celebre presso gli antichi.
Luciano: (in {Epist.
ad Nigrinum, quae praemittitur} Nigrino, seu de Philosophi
moribus) ᾽Αποϕεύγοιμ᾽ ἂν
*
{(scamperò)}
εἰκότως καὶ τὸ τοῦ Θουκυδίδου λέγοντος, ὅτι ἡ ἀμαϑία
μὲν, ϑρασεῖς, ὀκνηροὺς δὲ τὸ λελογισμένον ἀπεργάζεται.
*
Imperitia audaces, res autem
considerata timidos efficit.
*
Plinio
(Epist. IV.
7.): Hanc ille vim, (seu quo alio
nomine vocanda est intentio quicquid velis obtinendi) si ad potiora
vertisset, quantum boni efficere potuisset? quanquam minor vis
bonis, quam malis inest, ac sicut ἀμαϑία μὲν ϑράσος, λογισμὸς
δὲ ὄκνον ϕέρει, ita recta ingenia debilitat
verecundia, perversa
597 confirmat
audacia.
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S. Girolamo: (Epist. 126. ad Evagr. (così
è numerata nella mia edizione t. 3. p. 31. a.) Tuum certe spiritualem illum interpretem non
recipies; qui imperitus sermone et scientia, tanto supercilio et
auctoritate Melchisedek
Spiritum Sanctum pronunciavit, ut illud verissimum comprobarit, quod
apud Graecos canitur: imperitia confidentiam, eruditio timorem
creat.
*
[597,1]
Stupeo, o stupesco, stupefacio, stupefio, stupidus,
ec. coi composti, non solo si sono conservati materialmente nel verbo stupire, stupefare, stupidire ec. ec. ma se ben questi
sono restati nella nostra lingua seccamente e nudamente, e senza il significato
etimologico (che vuol dire, diventar di stoppa), come infinite altre parole
delle quali resta {quasi} il corpo e non l'anima,
tuttavia la nostra lingua conserva ancora per altra parte quella prima metafora,
diventar di stoppa, e l'usa familiarmente per istupire ec. sebbene non sia registrata nella
Crusca. (1. Feb. 1821.).