7. Nov. 1820.
[303,2] Osservano i giuristi che nel Cod.
Giustin. non si trova
legge contro i duelli (perlochè moltissimi si sforzano di tirarci scioccamente
quella di Costantino M.
304 contro i Gladiatori). Così accade a chi fa il
ritratto o la copia avanti che abbia veduto l'originale, o ad un fanciullo che
si faccia le vesti per quando sarà cresciuto.
[304,1]
Il faut s'arrêter et
séjourner sur les {goûts et sur les} plaisirs,
pour en jouir: il faut de repos pour le bonheur. Il n'y a point de
présent pour une âme agitée: la soif des richesses ne laisse jamais
assez de calme pour sentir ce que l'on possède.
*
(lo stesso dite
di qualunque altro desiderio difficile a conseguire, e vivissimo
tuttavia)... Ils passent leur vie en désirs et en
espérances: ainsi, ils ne vivent pas, mais ils espèrent de
vivre.
*
M.me de Lambert, Réflexions sur les richesses.
Paris 1808. à la suite des Avis d'une mère
à son fils. p. 153. 154.
[304,2] Quel detto scherzevole di un francese
Glissez, mortels, n'appuyez
pas
*
a me pare che contenga tutta la sapienza
umana, tutta la sostanza e il frutto e il risultato della più sublime e profonda
e sottile e matura filosofia. Ma questo insegnamento ci era già stato dato dalla
natura, e non al nostro intelletto nè alla ragione, ma all'istinto ingenito ed
intimo, e tutti noi l'avevamo messo in pratica da
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fanciulli. Che cosa adunque abbiamo imparato con tanti studi, tante fatiche,
esperienza, sudori, dolori? e la filosofia che cosa ci ha insegnato? Quello che
da fanciulli ci era connaturale, e che poi avevamo dimenticato e perduto a forza
di sapienza; quello che i nostri incolti e selvaggi bisavoli, sapevano ed
eseguivano senza sognarsi d'esser filosofi, e senza stenti nè fatiche nè
ricerche nè osservazioni nè profondità ec. Sicchè la natura ci aveva già fatto
saggi quanto qualunque massimo saggio del nostro o di qualsivoglia tempo; anzi
tanto più, quanto il saggio opera per massima, che è cosa quasi fuori di se; noi
operavamo per istinto e disposizione ch'era dentro di noi, ed immedesimata colla
nostra natura, e però più certamente e immancabilmente e continuamente efficace.
Così l'apice del sapere {umano} e della filosofia
consiste a conoscere la di lei propria inutilità {se l'uomo
fosse ancora qual era da principio,} consiste a correggere i danni
ch'essa medesima ha fatti, a rimetter l'uomo in quella condizione in cui sarebbe
sempre stato, s'ella non fosse mai nata. E perciò solo è utile la sommità della
filosofia, perchè ci libera e disinganna dalla filosofia. (7. Nov.
1820.)