11. Nov. 1820.
[319,1]
319 Sovente ho desiderato con impazienza di possedere e
gustare un bene già sicuro, non per avidità di esso bene, ma per solo timore di
concepirne troppa speranza, e guastarlo coll'aspettativa. E questa {tale} impazienza, ho osservato che non veniva da
riflessione, ma naturalmente, nel tempo ch'io andava fantasticando e
congetturando sopra quel bene o diletto. E così anche naturalmente proccurava di
distrarmi da quel pensiero. Se però l'abito generale di riflettere, o vero
l'esperienza e la riflessione che mi aveano già precedentemente resa naturale la
cognizione della vanità dei piaceri, e la diffidenza dell'aspettativa, non
operavano allora in me senz'avvedermene, e non mi parvero natura. (11.
Nov. 1820).