27. Nov. 1820.
[356,1]
Alla p. 343.
Vedilo ancora sulla fine del Capo 5. da
quel passo abbastanza lungo di Rousseau, Q913599Tutto ciò che sento esser bene,
357 è bene, in
poi. Dove l'autore insomma viene a concludere che non esiste legge
naturale, o secondo i Deisti che combatte, o anche, come pare, secondo la
propria persuasione, giacch'egli ne vuol dedurre che non esiste regola di
condotta, esclusa la religione, solo canone dei doveri morali. E nel principio propriamente del Capo 6. dice,
Q42189561l'uomo ha riconosciuto
dovunque ed in qualunque tempo la distinzione essenziale del bene e
del male, del giusto e dell'ingiusto; e malgrado i vari errori nella
estimazione degli atti liberi considerati come virtuosi o viziosi,
non v'ebbe mai alcun popolo che confondesse le nozioni opposte del
delitto e della virtù. Siamo d'accordo. Così nel
bello, tutti hanno la nozione della convenienza, e nessuno ne ha il tipo. Ma
stando così la cosa, le diverse opinioni non si possono chiamare errori, come
voi fate; perchè non esiste il tipo del buono morale; e perchè non erra
quell'etiope che crede la figura della sua nazione, la più perfetta e la sola
bella nel genere umano.
[357,1]
Alla p. 161. I
fasti della rivoluzione abbondano di altre prove di quello ch'io dico, e
dimostrano qual fosse l'assunto dei riformatori. Si eressero altari alla Dea
ragione: Q42189561Condorcet nel piano di
educazione presentato all'Assemblea legislativa ai 21 e 22 Aprile
1820[1792]
proponeva l'abolizione e proscrizione anche della religion naturale, come
irragionevole e contraria alla filosofia, e così di tutte le altre
religioni. (Essai sur l'indifférence en matière
de religion, Ch. 5. presso alla fine, nota) Non parlo del
358 nuovo Calendario, della festa all'Essere Supremo
di Robespierre ec. In somma lo scopo
non solo dei fanatici, ma dei sommi filosofi francesi o precursori, o attori, o
in qualunque modo complici della rivoluzione, era precisamente di fare un popolo
esattamente filosofo e ragionevole. Dove io non mi maraviglio e non li compiango
principalmente per aver creduto alla chimera del potersi realizzare un sogno e
un[un'] utopia, ma per non aver veduto che
ragione e vita sono due cose incompatibili, anzi avere stimato che l'uso
intiero, esatto, e universale della ragione e della filosofia, dovesse essere il
fondamento e la cagione e la fonte della vita e della forza e della felicità di
un popolo. (27. Nov. 1820.).