23. Nov. 1820.
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L'Essai sur l'indifférence en matière
de religion, {alquanto} dopo il
principio del capo V. nel luogo dove tratta delle origini storiche del
Deismo, dimostra i neri presentimenti che agitavano i Capi della Riforma intorno
al futuro stato delle opinioni, della religione, e dei popoli. Buon Dio, qual tragedia, esclamava uno di
essi, vedrà mai la posterità! Pur troppo bene.
Essi cominciavano
350 a sentire e prevedere la febbre
divorante e consuntiva della ragione, e della filosofia; la distruzione di tutto
il bello il buono il grande, e di tutta la vita; l'opera micidiale e le stragi
di quella ragione e filosofia che aveva avuto il primo impulso, e cominciò la
sua trista devastazione in germania, patria del pensiero,
(come la chiama la Staël) non inducendo gli uomini da
principio se non ad esaminar la religione, e negarne alcuni punti, per poi
condurli alla scoperta di tutte le verità più dannose, e all'abbandono di tutti
gli errori più vitali e necessari. I lumi cagionati dal risorgimento delle
lettere, erano appunto allora giunti a quel grado che bastava per cominciare
l'infelicità e il tormento di un popolo, al quale la natura era stata meno larga
dei mezzi di felicità, che sono l'immaginazione ricca e varia, e le illusioni.
Ne avevano naturalmente quanto bastava (e così gl'inglesi ai tempi di Ossian, come gli stessi germani ai
tempi de' Bardi e di Tacito), ma non tanti, nè tanto forti da resistere ai lumi così
lungamente, come i paesi meridionali, e soprattutto (la
Spagna e) l'Italia, dove anche
oggidì si vive poco, è vero, perchè manca il corpo e il pascolo materiale e
sociale delle illusioni, ma si pensa anche ben poco. (23. Nov.
1820.)
{{La Spagna s'è trovata finora nello
stesso caso. Il suo clima, e la situazione geografica, e il governo ec.
351 proteggevano le illusioni come in
italia, senza però lasciarnela profittare, nè
proccurarsene punto di vita, massime esterna e sociale.}}