9. Giugno 1820.
[116,3] Dovunque si formano le scienze o le arti o qualunque
disciplina, quivi se ne creano i vocaboli. Se noi italiani non volevamo usar
parole straniere nella filosofia moderna, dovevamo formarla noi. Quelle
discipline che noi abbiamo formate (p. e. l'architettura) hanno i nostri
vocaboli anche presso le altre nazioni.
[116,4] La cagione di quello che dice Montesquieu, l.
c. ch. 11. p. 124. fine è che l'uomo s'offende più del disprezzo che
del danno. E la cagione di questo è l'amor proprio il quale considera più noi
stessi che i nostri comodi. Vero è che certe anime basse non si curano del
disprezzo, e non si dolgono che
117 dei danni. La
cagione è che in questi l'amor proprio essendo più basso, ha per oggetto prima i
beni materiali che la stima l'onore la dignità della persona, i quali diremmo in
certo modo beni spirituali. Per lo contrario ci sono ancora degli uomini
superiori i quali disprezzando il disprezzo, si guardano però dai danni, perchè
questi son cose reali, e il disprezzo appresso a poco ci nuoce tanto quanto noi
lo stimiamo.
[117,1] In quello che dice Montesquieu, {l. c.} ch. 13. p. 138. e nella nota, osservate
la differenza de' tempi e vedete l'esito de' regicidi francesi a' tempi nostri.
La cagione è che lo spirito del tempo è, come si dice, di moderazione, vale a
dire d'indolenza e noncuranza, che ora si allega come per tutta difesa la
differenza delle opinioni, quando una volta due persone differenti d'opinioni in
certi punti, erano lo stesso che due nemici mortali, e che ancora considerando
un uomo come reo e scellerato, la virtù ora non interessa tanto come una volta,
da volerlo punito a tutti i patti. Questa vendetta della virtù si voleva e si
cercava una volta in contemplazione di essa virtù. Ora che questa si è
conosciuta per un fantasma, nessuno si cura di far male agli altri, e
procacciarsi odii e nimicizie che son cose reali, per la causa di un ente
illusorio.
[117,2] In proposito di quello che dice Montesquieu della
codardia fortunata e propizia di Ottaviano (l. c. ch. 13. p. 139. fine) considerate che se
il Senato l'avesse veduto
118 coraggioso l'avrebbe
creduto intraprendente. Ora chi intraprende, intraprende per se, e
l'intraprendere per se in Ottaviano
ch'era l'erede e il figlio adottivo di Cesare, non poteva esser altro che il cercare la monarchia. Il
vederlo debole fece credere che avrebbe preso il partito dei buoni ch'è il meno
pericoloso, perchè ha per se l'opinione pubblica, ed è la strada retta e
ordinaria. Gli arditi per lo più son cattivi, e il partito buono è quello dei
più deboli, perchè non ci vuole ardire per abbracciare il partito ovvio e
inculcato dalle leggi dalla natura e dall'opinione sociale, cioè quello della
virtù, ma bensì per entrare nel partito odioso del vizio. Il fatto però sta che
era già venuto anche per Roma il tempo che la politica
dovea prevalere al coraggio come ora, e in tutti i tempi corrotti. (9.
Giugno 1820.).